Economia

Trump contro Quantitative Tightening, economista Fed smentisce sua tesi

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La Federal reserve dovrebbe varare un quarto piano di Quantitative Easing, altro che alzare i tassi. A dettare gli “ordini” alla banca centrale americana e sfidare la sua indipendenza è il presidente Donald Trump. Dopo la decisione accomodante di Jerome Powell di rimandare le strette monetarie all’anno prossimo, interrompendo il ciclo di rialzi del costo del denaro, Trump non si accontenta e vorrebbe una nuova iniezione di denaro nel sistema.

Trump non ha mai tenute segrete le sue critiche nei confronti della Fed e, anzi, ha finito per incolpare la banca centrale per il crollo del mercato azionario del quarto trimestre nel 2018. Il leader dei Repubblicani sostiene che la crescita sarebbe stata molto più veloce senza i rialzi dei tassi, quattro dei quali sono arrivati ​​solo lo scorso anno.

Ora invece Trump chiede la fine del “Quantitative Tightening”, il processo di rientro alla normalità delle politiche monetarie, che sono state accomodanti per un decennio. Secondo lui la Fed dovrebbe prendere piuttosto in considerazione un altro giro di QE come ha fatto in tre fasi durante e dopo la crisi finanziaria.

Economista Fed: Quantitative Tightening non danneggia l’economia

 “Personalmente ritengo che la Fed dovrebbe abbassare i tassi. Penso che ci abbiano davvero rallentato. Non c’è inflazione. In termini di Quantitative tightening, dovrebbe assolutamente esserci ora un Quantitative easing»

Il presidente sostiene che l’inasprimento della politica monetaria stia danneggiando l’economia. A confutare questa affermazione un economista della Fed di St. Louis, Christopher Neely, secondo cui “un quantitative tightening probabilmente non influenzerà l’economia in alcun modo evidente”.

Neely cita a tal proposito quattro motivi specifici per cui il Quantitative Tightening non sarà negativo: i benefici per i rendimenti non si invertiranno poiché il QE ha solo riparato “mercati temporaneamente illiquidi”. È già in corso un inasprimento con uno scarso impatto negativo sui mercati finanziari e sull’economia.

Il Tesoro ha emesso obbligazioni a più lunga scadenza con rendimenti inferiori, contribuendo a mitigare alcuni dei danni provocati dalla Fed. Inoltre la stessa banca centrale ha ridotto le sue partecipazioni di un importo talmente esiguo che ci vorranno anni perché siano percepiti dai mercati.

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