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Istituti stranieri riluttanti a concedere garanzie dopo la frode di Punjab National Bank, seconda banca statale piĂą importante del subcontinente.
La stretta sul credito sta portando le Pmi del Paese verso l’utilizzo di canali di finanziamento privato piĂą costosi e riducendo l’orizzonte degli investimenti.
A causa di debolezze strutturali dell’economia è più lento del previsto il recupero. In Germania e Canada livelli nettamente inferiori alla situazione pre crisi.
A distanza di anni dalla crisi finanziaria del 2008 in Italia si continua a sentire l’effetto del credit crunch, almeno per quanto riguarda le micro imprese con non piĂą di nove addetti: solo l’11% di esse, infatti, viene “soddisfatto in termini di credito”. Per le imprese grandi invece il grado di “soddisfacimento” del credito arriva
A lanciare l’allarme il Centro studi di Confindustria secondo cui dopo il “timido recupero” registrato subito prima della Brexit ora c’è il rischio di una nuova fase di credit crunch.
I numeri della stretta del credito continuano a essere imponenti se considerati in un orizzonte abbastanza ampio: fra il dicembre del 2011 e il febbraio del 2016 “il credito alle imprese si è ridotto di 112 miliardi, un calo impressionante che equivale a un taglio di oltre l’11% dello stock complessivo”, a denunciarlo è la
Riserva di capitale azzerata. In base a una misura che è molto più favorevole delle metodologia standard proposta dal Comitato di vigilanza bancaria di Basilea.
Per il vice direttore Panetta l’irrigidimento dei requisiti di capitale chiesti agli istituti aumenta il pericolo che persista crescita bassa.
Tra la fine del 2011 e del 2013, la diminuzione degli impieghi bancari per le famiglie è stata pari a 9,6 mld (-1,9%), e di 87,6 mld (-8,8%) per le imprese.
Il rischio è che il rialzo finisca con il tradursi anche in prestiti piĂą costosi sia per le aziende che per le famiglie, e in modo tra l’altro troppo veloce.