Economia

Borsa Milano in preda ai sell. Allarme stile Lehman su questo asset

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MILANO (WSI) – Dopo che un banchiere di primissimo piano, Jamie Dimon di JP Morgan, e un colosso petrolifero, quello saudita, hanno svelato quanto male stiano messe le cose nel settore finanziario e petrolifero, gli indici azionari mondiali hanno iniziato a prendere la strada dei ribassi.

In Europa la seduta è stata negativa anche oggi dopo le perdite pesanti della vigilia. Il Ftse MIB ha perso quasi il 2% ieri e oggi si trova più di 5.850 punti sotto i livelli toccati in chiusura il 30 novembre 2015. Nel finale l’indice Ftse Mib – che era crollato fino a -3% – ha lasciato sul terreno -2,59% a 16.719,36 punti.

Tra i titoli bancari, sell su Intesa SanPaolo -3,76%, Unicredit -1,92%, Ubi Banca -3,86%, Mps -5,49%, Bper -6,41%, BPM -5,14%, BP -5,06%. Tra i titoli di altri settori perdite nell’ordine -5% per Stm, Tenaris, ancora peggio Mediaset con quasi -6%.  Bene Exor oltre +1%, mentre Ferrari ha ceduto -2,47% e FCA ha fatto -4%.

La crisi del settore energetico, in ribasso quest’oggi in Borsa a braccetto con il minerario, la si vede tradotta anche nei profitti pubblicati di recente dalle banche, un settore che è fortemente esposto all’industria petrolifera a cui ha concesso prestiti importanti. Gli istituti di credito, poi, pagano anche le politiche monetarie di tassi zero o negativi, che ne riducono la redditività.

In Usa gli ultimi dati macro hanno evidenziato che l’economia numero uno al mondo è in difficoltà e che il terziario rischia la recessione. Il settore dei servizi ha subito una contrazione dell’attività, cosa che non succedeva da ottobre del 2012 e Markit ha avvertito che il peggio non è ancora alle spalle. Le vendite di case nuove sono calate di più del 9% in gennaio, al tasso annuale di 494 mila unità abitative.

La Borsa di Tokyo ha chiuso in calo dello 0,9%. JP Morgan ha rivelato di aver messo da parte accantonamenti ingenti per coprirsi dalle eventuali perdite del settore petrolifero, al quale è esposto per 44 miliardi di dollari. La banca aumenterà le sue riserve, ora pari a 815 milioni di dollari, di altri $500 milioni per i prestiti legati al comparto energetico. Se i prezzi scenderanno in area $25 e rimarranno a quei livelli per un periodo prolungato, l’istituto di credito metterà da parte un altro miliardo e mezzo.

Le quotazioni del petrolio scambiato al Nymex Usa sono scivolate in area 31 dollari al barile dopo le dichiarazioni di un ministro saudita, che lasciano intendere come il paese non abbia alcuna intenzione di fare grandi sforzi per allentare le pressioni al ribasso sui prezzi. I futures sul Wti hanno così bruciato tutti i guadagni di giornata. Il Brent oscilla attorno a $33. Oro ben comprato, acquisti +1,78% a $1.248,72 l’oncia.

Il ministro del Petrolio saudita Naimi ha avvisato il mondo intero che il suo paese ricco di risorse petrolifere “può convivere con un petrolio a quota 20 dollari al barile” e che la produzione non verrà congelata da tutti (l’Iran ha già detto no) ma solo da “chi conta“. I sauditi, inoltre, non taglieranno i livelli di produzione, sempre secondo quanto riferito da Naimi. Molti analisti avevano speculato sul fatto che un congelamento coordinato dell’offerta di barili avrebbe escluso la possibilità di un taglio dei livelli di produzione.

Più calmi i mercati valutari. La sterlina continua la sua discesa per le paure di un evento choc di Brexit. Rispetto al dollaro ora la divisa britannica è scesa oggi anche sotto la soglia di $1,39, tra l’altro per la prima volta dal marzo del 2009. Secondo Volker Treier, il vice direttore esecutivo dell’Associazione della Camera tedesca del Commercio e dell’Industria, un evento del genere sarebbe un disastro non solo per il Regno Unito ma anche per le aziende europee e tedesche in particolare, che hanno fatto enormi investimenti in UK e stretto grandi affari con Londra.

La reazione dei mercati dopo le dichiarazioni del Ceo di JP Morgan Jamie Dimon sui rischi sotto il profilo degli utili

Inoltre, chi fa trading sulle opzioni sta pagando un valore record per proteggersi contro le oscillazioni della sterlina in sei mesi dalla crisi che decretò il crac di Lehman Brothers, nel 2008.

Da un sondaggio di Bloomberg emerge che 29 tra 34 economisti intervistati prevedon un calo della sterlina fino a $1,35 o anche al di sotto in caso di Brexit: livelli che non si vedono dal 1985.

La sterlina oggi è scesa fino a $1,3879 e il calo degli ultimi tre giorni contro il dollaro è il peggiore dal giugno del 2009. Nei confronti dell’euro, la moneta ha testato quota 0,7921, scivolando al minimo dal dicembre del 2014.

Tornando al mercato delle opzioni, la differenza tra la volatilità implicita e quella che si è concretizzata nel rapporto sterlina/dollaro a sei mesi ha testato il massimo dall’ottobre del 2008, nella giornata di oggi, a 5,6 punti percentuali. E’ il record appunto dai tempi del collasso di Lehman Brothers.

Riguardo alle altre valute, l’euro – che durante la giornata ha bucato $1,10, ha recuperato nel finale, riagguantando e superando la soglia. Dollaro/yen sotto JPY 112.