Economia

Riforma pensioni: spuntano Quota 41 e Quota 102. Cosa prevedono

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Che la riforma previdenziale sia una priorità del nuovo Governo Draghi è sicuro ma ad oggi come il nuovo Esecutivo voglia cambiare il sistema delle pensioni in Italia non è dato sapere con certezza.

Tante le ipotesi che sono circolate nelle ultime settimane, con i sindacati che hanno avanzato le loro idee per mandare in soffitta quota 100, l’anticipo pensionistico introdotto dal dall’ex governo giallo-verde (M5S e Lega) che permette di accedere alle pensioni al raggiungimento di almeno 62 anni d’età e 38 di contributi.

Finita la fase sperimentale, Quota 100 andrà definitivamente in pensione. E al suo posto? Secondo ricostruzioni di stampa, le strade percorribili dall’esecutivo dell’ ex numero uno della Bce, Mario Draghi sono da una parte Quota 41 e dall’altra Quota 102. Vediamo cosa significano.

Riforma pensioni: Quota 41 e Quota 102

Partendo da Quota 41, al momento l’ipotesi più quotata e – apparentemente – più apprezzata anche dai sindacati, prevede la possibilità di pensionamento una volta raggiunti i 41 anni di contributi, per tutti i tipi di lavori.

Quota 102 invece consentirebbe di uscire dal mondo del lavoro al compimento di 64 anni con 38 anni di contributi. Rimarrebbe poi da stabilire il taglio dell’assegno che verrebbe incassato fino alla naturale scadenza fissata a 67 anni.

Spunta poi, anche se meno sostenuta rispetto alle prime due, anche Quota 92 ma solo per i lavori usuranti. Nel dettaglio verrebbero abbassatati di molto, in questo modo, gli anni di contribuzione tenendo conto delle difficoltà del mercato del lavoro e consentendo di uscire a 62 anni con 30 anni di contributi.

In scadenza nel 2021 però ci sono anche Opzione donna con cui le lavoratrici possono uscire dal mondo del lavoro a 35 anni netti di contribuzione e 58 anni di età anagrafica, per le subordinate, 59 anni per le lavoratrici autonome e l’Ape sociale, sussidio erogato in attesa del raggiungimento dell’età pensionabile rivolto ai contribuenti di entrambi i sessi che hanno compiuto 63 anni e hanno raggiunto tra i 30 e i 36 anni di contributi.
Come scrive Il Giornale, “l’ipotesi più realistica è che, insieme a Quota 100, anche le altre due opzioni abbiano ormai vita breve o, quanto meno, possano essere inserite in un’ottica di riforma più ampia”.