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Rendimenti: state lontani dalle tentazioni pericolose

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NEW YORK (WSI) – Gli investimenti sono un campo minato. Quando una soluzione appare semplice, meglio diffidare. Prendiamo i rendimenti offerti in Italia: sono davvero bassi, soprattutto volendo evitare titoli più o meno lunghi. Per dare un’idea andiamo dallo 0,7% dei Bot annuali al 2% dei Btp quinquennali, sempre lordi. Perché non risolvere il problema spostandosi su altre valute, con tassi nettamente superiori? È la tentazione di parecchi risparmiatori.

Furbamente qualcuno – e in particolare Intesa-Sanpaolo tramite Banca Imi – da alcuni mesi propone tassi allettanti. Come recentemente un’obbligazione al 5,2% annuo in dollari australiani o un’altra comunque al 3,55% in corone norvegesi. Non che siano prodotti truffaldini.

Sono anzi meglio della roba normalmente rifilata agli sportelli: fondi comuni o pensione e altre trappole previdenziali come le tremende assicurazioni a vita intera ecc.

Però in tal modo si sfrutta e fomenta l’illusione di poter risolvere così il problema dei tassi bassi. Fosse così semplice! In realtà con tali titoli si rischia forte, perché espongono a possibili svalutazioni ben maggiori del vantaggio delle cedole più alte. Vedi per la stessa serie le Banca Imi in rubli (codice IT0004938129) del luglio 2013 all’8,3%, accolte dal giornalismo italiano coi soliti applausi a comando. Da allora il cambio è passato da 42,8 a 50 con una perdita del 14% che ha già annichilito i maggiori interessi di due anni.

A voler accettare i rischi di cambio, esiste un’impostazione diversa dalla rincorsa perigliosa degli alti tassi. È quella di chi si costruisce un giardinetto di emissioni in valute estere pensando a scenari improbabili, ma non esclusi al 1000 per mille: crac dell’Italia e/o sua uscita dall’eurozona o la fine stessa dell’euro. In tal caso non si affiderà certo a un gruppo bancario stracarico di Btp, Cct ecc., oltre ai crediti incagliati. Punterà invece direttamente su titoli di stati esteri dalle finanze sufficientemente sane e tassati al 12,5% anziché al 20%. E magari cercherà titoli reali, ovvero agganciati a indici dei prezzi, per una maggiore sicurezza a medio-lungo termine.

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