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Referendum costituzionale si farà, al Senato la maggioranza c’è

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ROMA (WSI) – Prima di incontrare i senatori del suo partito il ministro degli Interni Angelino Alfano, nell’occhio del ciclone dopo il “tradimento” all’esecutivo di Nuovo Centro Destra, è tornato a fare la voce grossa difendendo il ruolo importante giocato – per lo meno dal punto di vista prettamente numerico – dal gruppo di centro destra che fa parte della maggioranza di governo:

“Credo che tutti bluffatori siano stati smentiti dal chiaro gioco pubblico di questa sera in cui si è visto chiaramente come senza di noi questo governo non abbia la maggioranza, con noi può prescindere da tutti gli altri”.

Dopo che per giorni sembrava che la solidità e i numeri del governo Renzi potessero scricchiolare, il primo ministro può tirare un sospiro di sollievo:  al Senato il disegno di legge sugli Enti locali dovrebbe passare senza troppi patemi. La maggioranza può fare affidamento, infatti, su 167 voti favorevoli più 17 sì supplementari garantiti dagli uomini di Verdini e Tosi, “ben oltre la maggioranza assoluta richiesta per far passare il provvedimento”, come sottolinea Il Messaggero.

Sul Senato, riporta sempre il quotidiano romano, “si erano scaricate le attenzioni ed i timori sulla tenuta della maggioranza tra pressing di modifiche per l’Italicum e timori sull’esito del referendum dopo l’andamento delle amministrative”. La vittoria di oggi è di buon auspicio per il governo Renzi.

“Tanto rumore per nulla” si sente dire dalle file del PD, “che comunque qualche timore ce l’aveva visto che i senatori avevano l’ordine tassativo di stare tutti in Aula. D’altra parte una correzione di rotta, nell’ultima settimana, c’è stata: il premier ha invitato tutti a mettere la faccia sul referendum proprio per consentire di spersonalizzarlo dalla partita su di lui e sul governo e in direzione non solo la minoranza ma anche Dario Francheschini hanno chiesto di riflettere su modifiche all’Italicum dopo il voto sulla riforma costituzionale”.

Per capire se ci sono margini di correzione della legge elettorale – che al governo temono possa favorire in un eventuale ballottaggio il MoVimento 5 Stelle, secondo partito d’Italia stando ai sondaggi – il vicesegretario Lorenzo Guerini sta facendo un lavoro minuzioso per sondare il terreno tra le varie correnti del PD ed i partiti di maggioranza.

L’inchiesta interna e silenziosa, almeno per il momento, dice Il Messaggero, non dovrebbe portare “ad aprire alcun tavolo: tutto è rinviato a dopo il referendum e comunque Renzi ha fatto capire che il governo non entrerà in scena. Ma che sembra servire a placare gli animi anche dentro il PD”.

In un’intervista concessa al quotidiano tedesco Die Zeit, Pier Luigi Bersani assicura che “nessuno della minoranza pensa che il premier debba essere mandato a casa” e pertanto non vede rischi di instabilità per il governo. Detto questo l’ultimo vincitore delle elezioni generali ha protestato per la personalizzazione del leader dei democratici, che estromette l’ala sinistra interna al partito.

La data del referendum costituzionale intanto non è stata ancora fissata, ma dopo l’incontro tra premier e presidente della Repubblcia Sergio Mattarella si parla sempre del 6 novembre. Seppure con qualche difficoltà il Comitato del sì domani consegnerà in Cassazione tra le 560mila e le 580mila firme a sostegno del quesito.

Il Comitato del No è rimasto fermo a quota 300mila per colpa, secondo uno dei suoi promotori Vincenzo Vita, di un silenzio mediatico totale «grave e greve». Colpa anche, deplora qualcuno dagli scranni dell’Opposizione, dello scarso impegno del M5S nella raccolta delle firme mentre Forza Italia ha definito l’avvio della campagna referendaria come un “appuntamento politico decisivo della prossima stagione”.