Economia

Recovery fund, Renzi boccia la governance: “Così non votiamo”

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Tensione alle stelle tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi sul Recovery Fund. Il leader di di Italia Viva ha posto il veto sulla la norma riguardante la governance, in particolare sulla task force pensata dal premier per gestire i fondi europei.

“Noi così non votiamo niente” ha minacciato ieri Renzi. Poi ha attaccato il premier: “Insistere su una misura che sostituisce il governo con una Task force, la seduta del Parlamento con una diretta su Facebook e che addirittura pretende di sostituire i servizi segreti con una fondazione privata voluta dal premier significa una follia”, afferma il leader di Iv. “Noi abbiamo mandato a casa Salvini per non dargli i pieni poteri, ma non è che i pieni poteri li diamo a Conte”, aggiunge, spiegando che il decreto “pensa alla moltiplicazione delle poltrone ma non va a dare una mano ai disoccupati, ai negozi chiusi alle persone che soffrono. Se le cose rimangono come sono, noi di Iv voteremo contro. Per noi un’ideale vale più di una poltrona. “Molte cose non funzionano, ma noi vogliamo dare una mano al governo e siamo pronti a fare la nostra parte. Ma non siederemo mai a un tavolo nel quale la torta da 200 miliardi è pensata per i consulenti romani e non per i cittadini italiani”, dice ancora Renzi.

Recovery fund, le prossime mosse del premier Conte

Il premier rischia dunque di andare a Bruxelles per il Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre senza l’ok al piano sui finanziamenti Ue per il recovery fund. Anche se il Consiglio dei ministri di ieri è saltato per il braccio di ferro in corso comunque il Governo è chiamato a dare un via libera alla cornice dei progetti.

Una riunione del Cdm potrebbe tenersi questa sera ma i renziani si mettono di traverso, da qui l’irritazione, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari della maggioranza, dello stesso presidente del Consiglio.

Nel frattempo il Pd, stando a fonti parlamentari, sta lavorando ad un mediazione. Ovvero modificare il testo sulla ‘governance’, togliendo la possibilità che i tecnici possano avere poteri sostitutivi a quelli dei ministri e rafforzando lo strumento degli uffici dei dicasteri.
Ma il premier, a quanto pare, non sembra intenzionato a fare un passo indietro. Almeno per ora.