Economia

Pensioni minime, tutti gli aumenti del 2023

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Tra le novità più importanti introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 vi sono gli aumenti previsti per le pensioni minime. Il ritocco degli assegni previdenziali è stato una delle promesse, che la maggior parte dei partiti politici ha effettuato in campagna elettorale. Ma soprattutto, la ridefinizione delle pensioni minime ha condizionato il dibattito politico nel corso delle ultime settimane di dicembre.

L’aumento degli assegni delle pensioni più basse, adesso, ha preso realmente forma e si concretizza in un importo pari a 571,60 euro: nel 2022 i diretti interessati prendevano 525,38 euro, che diventano 600 euro per quanti hanno compiuto almeno 75 anni.

A prevedere gli aumenti è stato direttamente il comma 310, dell’articolo 1 della Legge n. 197 del 29 dicembre 2022, la quale ha previsto che, per contrastare direttamente l’inflazione registrata e quella attesa per il biennio 2023-2024, gli importi fossero ritoccati verso l’alto. Ad essere coinvolti sono stati gli importi che non superano il minimo: in via eccezionale e transitoria – con decorrenza dal 1° gennaio 2023 – ricevono un ulteriore aumento dell’1,5% nel 2023. L’aumento è pari al 6,4% per i soggetti con un’età pari o superiore a 75 anni. Nel 2024 l’aumento, invece, sarà pari al 2,7%.

Gli aumenti nel dettaglio

I percettori di pensioni minime, facendo due conti, dal mese di gennaio ottengono qualcosa come 46,22 euro in più. Quanti hanno almeno 75 anni riescono a ottenere un aumento lordo pari a 74,62 euro. Questo significa che, complessivamente, in un anno la pensione minima sale per i primi a 7.430,80 euro e 7.800 per i secondi.

Siamo davanti, comunque, a degli aumenti transitori, perché i diretti interessati ne possono beneficiare unicamente per due anni, quindi fino al 2024. Sono, comunque, degli aiuti concreti destinati ai pensionati con un reddito molto basso, che non diventano rilavanti per il riconoscimento delle altre prestazioni collegate al reddito.
La Legge di Bilancio 2023, inoltre, ha provveduto a modificare anche le aliquote di rivalutazione delle pensioni, per far fronte all’inflazione. Se è vero che le pensioni minime recuperano il 100% dell’inflazione fissata per il 2023 al 7,3%, l’aumento pieno è valido unicamente per le pensioni fino a quattro volte il minimo. Le altre percentuali di rivalutazione sono le seguenti:

  • 85% fino a 5 volte il minimo;
  • 53% fino a 6 volte il minimo;
  • 47% fino a 8 volte il minimo;
  • 37% fino a 10 volte il minimo;
  • 32% oltre 10 volte il minimo.

I requisiti per le pensioni minime

In molti casi viene confusa con l’assegno sociale, in realtà le pensioni minime sono tutt’altra cosa. Stando ai dati dell’Inps, oggi come oggi, sono interessati a questo trattamento almeno 2,5 milioni di persone.

La pensione minima è stata introdotta attraverso la Legge n. 638/1983 con lo scopo di garantire a tutti i cittadini la possibilità di condurre una vita libera e dignitosa. L’assegno viene rivalutato ogni anno, in base al tasso di inflazione calcolato dall’Istat.

A prescindere dall’anzianità contributiva di 10, 15 o 20 anni, l’integrazione al minimo spetta a tutti i titolari di pensione, se non si raggiungono i valori minimi fissati dalla legge. Questo tipo di integrazione riguarda direttamente tutti i tipi di trattamento previdenziale – anche quando si andati in pensione anticipatamente – se gli importi erogati sono inferiori a dei limiti previsti.

Quanti, invece, nel corso della propria vita non abbiano versato dei contributi, non hanno diritto a ricevere la pensione né l’integrazione. In questo caso viene erogato l’assegno sociale, che spetta a tutti i cittadini anche stranieri purché residenti legalmente in Italia da almeno 10 anni, dai 67 anni di età.