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Nel Nuovo Ordine Mondiale l’arma con cui si combatte è il petrolio

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NEW YORK (WSI) – Dimenticate missili, aerei e truppe. Per combattere le nuove guerre, compresa quella con Vladimir Putin, l’amministrazione Obama fa sempre più affidamento a un importante strumento di politica estera, ovvero l’arma del petrolio. E’ quanto scrive un importante analista, di cui riportiamo il rapporto integrale per gli abbonati a Insider.

“Fino a poco tempo fa, l’espressione “arma del petrolio” veniva identificata con lo strumento utilizzato dai produttori arabi per dissuadere gli Stati Uniti nell’appoggio a Israele, ovvero il taglio delle esportazioni di greggio (in questo caso l’offerta diminuiva, con conseguente rialzo delle quotazioni).

Oggi siamo di fronte ad un capovolgimento sorprendente. Ora è Washington che utilizza la stessa arma, con sanzioni commerciali ed altri mezzi per limitare le esportazioni di petrolio degli stati produttori identificati come “ostili””.

L’amministrazione Obama ha intrapreso questa strada aggressiva anche a costo di mettere a rischio le forniture energetiche globali.

Nel frattempo, mentre cresce la pressione di alcuni membri dell’Opec, in prima fila il Venezuela, per ridurre la produzione di petrolio con l’obiettivo di riportare i prezzi del greggio sopra i 100 dollari al barile- secondo voci riportate dall’agenzia Reuters – l’Arabia Saudita pare abbia fatto sapere agli altri membri del cartello dei paesi produttori ed esportatori di non aver nessun problema a convivere con prezzi più bassi, 90 dollari ma anche 80, per un anno o due.

[ARTICLEIMAGE] Si tratta di una svolta significativa nella politica del maggiore produttore dell’Opec – il cui obiettivo, secondo alcuni osservatori, sarebbe quello di rallentare l’espansione di produttori concorrenti, soprattutto quelli nell’area statunitense.

Resta il fatto che l’uso aggressivo dell’arma petrolifera e’ oggi un elemento essenziale della politica estera americana. L’aumento della produzione di greggio negli Stati Uniti, unito alla sfruttamento largamente ampliato di gas naturale e shale, sta rendendo l’America quasi indipendente sul fronte energetico, il che da un senso di forza all’amministrazione Obama, molto piu’ di quanto i luoghi comuni sulla sua supposta ‘debolezza’ o indecisione in politica estera, lascerebbero presupporre. Obama non solo non teme nessuno shock sul prezzo del greggio in stile Guerra del Kippur, ma anzi lo scenario geopolitico ci dice che un prezzo sotto i $70 significherebbe mettere in ginocchio Putin e la Russia, visto che il petrolio insieme al gas compone circa il 50% del Pil russo e le minore entrate sono gia’ devastanti per l’economia del paese.

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