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Mps, aumento di capitale sotto la lente di Bruxelles

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Faro di Bruxelles su Mps. I funzionari europei temono che l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro presso la più antica banca del mondo, il Monte dei Paschi di Siena, possa costituire un aiuto di Stato illegale.

Pochi giorni fa è arrivato il disco verde all’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro di Banca Mps. Il Consiglio di amministrazione della banca guidata da Luigi Lovaglio ha approvato la nuova manovra di rafforzamento, con le necessarie integrazioni al prospetto da inviare a Consob, l’indicazione degli impegni vincolanti e i dettagli relativi all’emissione che partirà il prossimo 17 ottobre. La banca senese ha sottolineato che “l’operazione è interamente garantita”.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) si è impegnato a sottoscrivere tutte le nuove azioni ad esso spettanti in proporzione alla propria quota di partecipazione in Mps, complessivamente pari al 64,23% del valore complessivo massimo dell’aumento di capitale. In particolare, sono stati sottoscritti contratti di garanzia per un importo massimo di 857 milioni di euro, di cui 807 milioni con un consorzio di banche e 50 milioni con Algebris. Lo Stato inietterà 1,606 miliardi di euro. Gli impegni di sottoscrizione da parte di terzi investitori ammontano a 37 milioni.

Il faro di Bruxelles su Mps

Secondo le regole dell’Ue, lo Stato può partecipare solo se tutti gli investitori – pubblici e privati – sono soggetti alle stesse condizioni.

“La questione è se alle parti che sostengono l’emissione di diritti sia stato offerto un trattamento più vantaggioso rispetto ai contribuenti italiani che non ricevono alcuna offerta di riduzione del rischio o altri incentivi”, ha dichiarato un funzionario al “Financial Times”, chiedendo di rimanere anonimo.

Otto sottoscrittori, tra cui Citigroup, Bank of America, Credit Suisse, Mediobanca e il fondo di investimento alternativo Algebris, si dividono un pagamento di 125 milioni di euro per aver sottoscritto una frazione dell’aumento di capitale complessivo.

Gli investitori internazionali sostengono che tale compenso sia eccezionale e “fuori mercato”. L’autorità di regolamentazione finanziaria italiana, la Consob, ha richiesto a Mps di rilasciare una dichiarazione che evidenziasse l’importo eccezionale della commissione in quanto avrebbe influito sugli obiettivi di riserva di capitale della banca.

Per coprire ulteriormente il rischio, le banche hanno firmato accordi di sub-sottoscrizione per un valore di almeno 410 milioni di euro con investitori terzi, tra cui l’assicuratore francese Axa e l’asset manager Anima, che hanno entrambi partnership commerciali con Mps, e un gruppo che detiene anche obbligazioni Tier 2 di Mps tra cui Pimco, Melqart e Bluebay.

I sub-sottoscrittori si sono impegnati ad acquistare una certa quantità di azioni Mps se gli attuali azionisti non eserciteranno i loro diritti di acquisto durante le due settimane di emissione dei diritti.  Secondo il prospetto, le banche arranger pagheranno loro una “commissione”. Un investitore ha dichiarato: “I contribuenti sono gli unici ad affrontare il rischio di perdita per intero“. Mps ha detto al “Financial Times”:

“Le commissioni devono essere calcolate sull’intero importo sottoscritto dal pool di coordinatori e, se l’aumento di capitale avrà successo, la cifra comprenderà anche le attività di coordinamento e gestione e la componente di rischio”.

La banca senese ha aggiunto che altri investitori dovrebbero sostenere l’emissione di diritti questa settimana. Lucia Tajoli, docente di mercati internazionali e istituzioni europee presso il Politecnico di Milano, ha affermato che l’accordo appare “perplesso” e “in contrasto con le norme dell’Ue”.

L’aumento di capitale arriva dopo che l’anno scorso l’Italia non ha rispettato la scadenza per la privatizzazione di Mps. All’inizio dell’anno Mpa ha dichiarato di dover affrontare un deficit di capitale di 500 milioni di euro nel 2023. Il prezzo delle azioni della banca è sceso sotto i 2 euro, con un calo del 90% negli ultimi 12 mesi. L’Ue si sta impegnando attivamente con il governo italiano sull’aumento di capitale, ha dichiarato una persona a conoscenza diretta della questione, anche se questo potrebbe non portare a un’indagine formale. La Commissione europea ha dichiarato di non avere “alcun commento specifico” e che in generale spetta agli Stati membri monitorare e informare Bruxelles se si tratta di aiuti di Stato.

Secondo un funzionario italiano, Mps è stata avvisata da esperti legali che la struttura dell’emissione di azioni potrebbe sollevare problemi di aiuti di Stato. Per ora nessun commento dai diretti interessati.

Un confronto tra il salvataggio di banche italiane e tedesche

Mps, che risale al XV secolo, è stato nazionalizzato nel 2017 con un salvataggio governativo da 5,4 miliardi di euro dopo una serie di scandali e gravi perdite, inserendosi nella lunga lista di salvataggi bancari italiani. Per la banca senese fu il Monti Bond (2012-2013) il primo atto dell’intervento statale, concretizzatosi con un’emissione obbligazionaria appositamente finalizzata sostenere la banca senese: furono prestati 3,9 miliardi euro, successivamente restituiti.

L’attuale richiesta di liquidità è la settima della società in 14 anni. La storia dei salvataggi bancari in Italia ebbe una svolta nel 2015, quando fu approvata la normativa sul bail-in, che prevede un maggior coinvolgimento del settore privato nelle crisi bancarie. Dalla sua entrata in vigore, nel caso in cui una banca insolvente necessiti la ricapitalizzazione o liquidazione si tutelano solo i depositanti fino ai 100 mila euro.

Le crisi bancarie italiane sono state gestite dopo l’entrata in vigore della normativa del bail-in e quindi con la compartecipazione di azionisti e obbligazionisti alle perdite. Tranne quella del Monte dei Paschi, ricapitalizzata con fondi pubblici.

La gestione delle crisi bancarie in Europa in passato ha seguito due strade. Alcuni paesi hanno usato fondi pubblici per ricapitalizzare le proprie banche in crisi.  Se il fallimento di una banca pone seri rischi alla tenuta dell’intero sistema finanziario di un paese, allora l’intervento dello stato viene valutato in funzione dell’interesse pubblico.

Suscita particolare clamore il Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, la  riforma dell’ex Fondo salva-Stati dei Paesi dell’area euro, che ancora oggi è al palo. La riforma in soldoni prevede che una banca in conclamata difficoltà debba seguire una procedura per ottenere dei fondi di emergenza. E qualora dovesse realizzarsi, ci sarà un contributo da parte degli altri Paesi del Mes per coprire queste esigenze. Quindi un po’ come a dire che i soldi dell’Italia potrebbero servire anche a salvare le banche tedesche.

Dopo gli ok di Francia e Portogallo, l’accordo raggiunto circa due anni fa a Bruxelles dai governi dei 27 attende la ratifica di due soli Stati: l’Italia e la Germania per l’appunto. Il Bundestag nel giugno del 2021 ha approvato dopo un breve dibattito la legge di ratifica. Processo poi arrestato da un ricorso alla Corte costituzionale federale da parte di alcuni deputati liberali ma successivamente il presidente della Repubblica Steinmeier firmerà la ratifica subito dopo che si sarà espressa la Corte di Karlsruhe, sul cui giudizio non ci sono molti dubbi. La mancata ratifica dell’Italia è politica.

Cosa farà il nuovo governo Meloni con il Mes?  Nel 2020 la leader di FdO, oggi premier, ha fatto campagna contro la riforma del Mes, che l’Italia (come d’altra parte anche la Germania) non ha ancora ratificato.