Economia

Monti: “Renzi disco rotto. Senza di me spread alle stelle”

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Botta e risposta a distanza tra due ex premier, Mario Monti, il professore bocconiano che prese le redini dell’Italia nel 2011 e attuò la famosa riforma lacrime e sangue quella che allungò l’età pensionabile per tutti e Matteo Renzi, il segretario del Pd che perse al referendum costituzionale di dicembre scorso e lasciò la poltrona al suo fedelissimo Paolo Gentiloni.

Oggetto del contendere l’ultima trovata targata Renzi sul fiscal compact. In merito Monti parla di proposta senza senso. E definisce Renzi un disco rotto.

“Dibattere con il presidente Matteo Renzi è, purtroppo, impossibile. Le argomentazioni degli altri non gli interessano. Come un disco rotto, ormai ripete senza fine i suoi slogan e le sue accuse. Il rumore e la rissosità crescono esponenzialmente. L’impatto, in Italia e all’estero, tende asintoticamente a zero. Pari a zero è anche il suo rispetto per gli interlocutori e per la realtà”.

E contro l’accusa che fa Renzi nel suo libro “Avanti” al suo indirizzo di aver approvato il Fiscal compact, il professore oggi senatore a vita risponde:

“Il Fiscal Compact ha un padre, Mario Draghi, che lanciò l’idea nel dicembre 2011 appena diventato presidente della Bce, e una madre, Angela Merkel, che la spinse politicamente. Draghi doveva accreditarsi presso quel mondo tedesco che era preoccupato per l’arrivo al vertice della BCE di un italiano, sia pure con ottima reputazione. Draghi decise anche di cessare gli acquisti di titoli di Stato italiani da parte della Bce, che avevano dato ossigeno al governo Berlusconi nell’estate e autunno 2011, senza peraltro riuscire a frenare l’impennata dello spread a causa della sfiducia dei mercati verso un governo che non era in grado di prendere i provvedimenti necessari (….) Il Fiscal Compact l’ho firmato, certo. Se in quel momento l’Italia, il Paese più a rischio dell’eurozona, non l’avesse sottoscritto, lo spread sarebbe subito tornato ben oltre i livelli ai quali l’avevo trovato. Ma l’ho firmato in base a due considerazioni: quegli stessi vincoli su disavanzo e debito pubblico erano già stati introdotti in forma cogente nelle regole europee, durante il governo precedente al mio; e prima di firmarlo eravamo riusciti a far modificare, in senso meno penalizzante per i Paesi ad alto debito, la procedura per sanzionare gli eventuali eccessi”.