
Anche se al momento non c’è un rischio reale di spaccatura dell’unione monetaria, sorprende notare come i mercati non stiano rispecchiando il fatto che l’area euro, di fatto, non è un’unione fiscale. Il pericolo rappresentato dalla chance, seppure remota, che un paese lasci l’Eurozona in futuro, non è affatto scontato dai mercati, come sottolinea Simon Derrick, Chief Currency Strategist di BNY Mellon, nell suo ultimo Morning Briefing.
Gli spread del debito sovrano sono tornati a scambiare sui livelli precedenti alla crisi del debito. Prima dello scoppio di quella crisi e della tragedia greca, il mantra che veniva ripetuto dall’establishment europeo era che lo status di appartenenza all’Eurozona era irrevocabile. Ma dopo le ultime crisi, alcuni sostengono che l’euro non vada considerata una moneta effettivamente unica, bensì piuttosto come un sistema di tassi di cambio in un blocco di Paesi in cui non vige un’unione fiscale.
Durante la crisi del debito sovrano e mentre le autorità d’Europa erano impegnate nelle lunghe e faticose trattative per salvare la Grecia dal collasso finanziario, gli spread del debito sovrano a lunga scadenza riflettevano questi rischi. Ora tali timori sembrano del tutto scomparsi, nonostante il fatto che gli aiuti della Bce verranno presto meno e il fatto che il nuovo governo in Italia possa presto sfidare l’UE sul piano dei trattati e dei vincoli di bilancio.
Dal 2015, all’apice della crisi del debito greco, non è più tabù parlare di uscita di un paese dell’area euro dal blocco. A gennaio di quell’anno Der Spiegel titolava “Germania aperta alla possibilità che la Grecia esca dall’Eurozona”. Nei colloqui intavolati tra l’11 e il 12 luglio, Atene è stata a un passo dall’abbandonare l’area euro, tanto che l’allora ministro dell’Economia Yanis Varoufakis aveva già studiato un piano segreto per introdurre una moneta parallela per accompagnare i cittadini e le imprese nel processo di ritorno alla dracma, limitando i danni causati dalla possibile iper svalutazione della valuta nazionale.
Anche se la Grecia alla fine è rimasta nell’Eurozona, gli eventi di quel fine settimana hanno cambiato per sempre la percezione del concetto di appartenenza all’unione: da quel momento è stato messo in discussione il concetto di irreversibilità ribadito nel famoso discorso (vedi VIDEO) “Whatever it takes” di Draghi il 26 luglio del 2012.
“L’Euro dovrebbe essere considerato più simile a un sistema di tassi di cambio piuttosto che a una moneta unica”, scrive lo strategist di BNY Mellon nella sua analisi “The Aerial View: Forgotten EUR Risk“.