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Lombardia, Veneto ed Emilia: primo passo verso secessione

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Il 15 febbraio sarà ricordato come un giorno storico per chi in Veneto, Lombardia o Emilia Romagna ha mire secessioniste. È prevista infatti per oggi la firma di un accordo tra il governo centrale e le regioni sopra citate per garantire una maggiore autonomia.

Nello specifico si tratta di quello che viene definito un “regionalismo differenziato“. Gianfranco Viesti, professore di economia di Bari, lancia un appello per fare marcia indietro prima che sia troppo tardi.

Secondo l’autore del libro “verso la secessione dei ricchi” se il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna – le tre regioni più ricche e avanzate sotto il profilo industriale – ottengono le concessioni, si creerebbe un “precedente grave“.

Che non coinvolgerebbe soltanto i cittadini delle tre aree, ma anche l’insieme di tutti gli italiani. “Non avrebbero più gli stessi diritti ai servizi in materia di salute, istruzione e così via”, secondo l’economista. In una petizione, Viesti chiede di fare perciò un passo indietro.

Si va verso un’Europa delle regioni

Nel suo libro Viesti analizza cosa si celi dietro all’intenzione delle tre regioni di chiedere più autonomia alle autorità centrali. Secondo la sua tesi, “non si tratta soltanto di cambiamenti amministrativi e tecnici riguardanti la popolazione di queste tre regioni, ma anche e soprattutto degli importanti cambiamenti politici su scala nazionale“.

Dopo il caos scatenato dalle ambizioni indipendentiste della Catalogna, che sono andate a scontrarsi contro l’opposizione ferma dell’allora governo di centro destra, la paura degli europeisti è che si vada sempre più verso un’Europa delle regioni, più che delle nazioni.

I problemi nascono da tre element essenziali, dice Viesti, facendosi alcune domande retoriche.

  • Innanzitutto, in quali domini precisi le regioni rivendicano l’autonomia? La sanità, l’istruzione a scuola e le infrastrutture?
  • Come vengono finanziati questi cambiamenti? L’autonomia potenziata avrà ripercussioni sulla ripartizione di risorse e sulla qualità dell’insegnamento scolastico e della salute delle altre regioni italiane.
  • Infine, il fatto che il parlamento sia stato tenuto fuori. L’aula non ha infatti partecipato all’esame di questo accordo che le tre regioni e il governo centrale devono firmare oggi.

“Esiste il rischio di una secessione delle regioni ricche”

L’impatto negativo sull’Italia è evidente, secondo quanto spiegato da Viesti a Sputnik. “I cittadini delle regioni ricche avranno accesso a delle risorse economiche e sociali più importanti delle altre regioni”.

Creando squilibri evidenti. “È un argomento molto sensibile per il futuro dell’Italia“. Pertanto “bisogna che questa decisione sia adottata dopo aver affrontato delle discussioni approfondite politiche, culturali e parlamentari”. Ma così non è, per il momento.

L’autonomia delle regioni, che insieme fanno più del 40% del Pil italiano, esiste già in Italia ed è positiva. Ma, in questo caso, continua il professore, “si tratta di una diversificazione economica delle regioni in cui alcune avranno più poteri e possibilità di altre”.

“In fin dei conti non sono contrario all’autonomia, ma è un soggetto estremamente delicato e richiede di conseguenza un’analisi del funzionamento del sistema nel suo insieme e sotto tutti i suoi aspetti finanziari”. Qui se non si sta attenti, “esiste il rischio di una secessione delle regioni ricche“.