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L’impatto del coronavirus nelle trimestrali europee

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 di Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy

Nelle ultime due settimane abbiamo avuto la possibilità di analizzare l’impatto del COVID-19 e del lockdown sui dati economici e sulle trimestrali dell’eurozona. I dati sul Pil del secondo trimestre di quest’anno confermano l’atteso collasso, con una diminuzione del 12% rispetto al primo trimestre (che già risentiva della pandemia), ma nel complesso l’Eurozona ha retto l’urto.

I numeri usciti dalle trimestrali

A fronte di un calo della domanda estera sarà fondamentale far ripartire la domanda interna ed è proprio questa la missione degli stimoli fiscali a livello nazionale e del Recovery Fund approvato dall’Unione europea.
Oltre un quarto delle aziende facenti parte dell’indice Euro Stoxx ha pubblicato i risultati del secondo trimestre. I ricavi sono diminuiti del 20% circa e gli utili del 38%: si tratta di crolli senza precedenti.
Le aziende facenti parte dell’indice Euro Stoxx, inoltre, sono spesso multinazionali e rappresentano un quadro diverso rispetto al tessuto economico che viviamo quotidianamente. I servizi e le piccole attività hanno certamente subito un impatto ancora maggiore.

Per fortuna si registra anche qualche segnale di ottimismo, sia perché oltre la metà delle aziende ha riportato utili migliori rispetto a quanto si aspettassero gli analisti, sia per le indicazioni provenienti da alcuni settori produttivi che hanno dimostrato le proprie caratteristiche difensive come i beni di prima necessità, le telecomunicazioni, la farmaceutica e le banche di maggiori dimensioni.

Considerando che i consumi sono stati fortemente ridotti durante il lockdown e i tassi di risparmio sono temporaneamente aumentati, si potrebbe sperare in un’accelerazione nella seconda parte dell’anno.
Molto dipende dalla paura del virus e dalla capacità dei governi di trasmettere fiducia riguardo alle prospettive economiche. La fiducia dei consumatori e delle imprese è infatti la chiave dell’enorme sforzo fiscale intrapreso dai governi per contenere la perdita di occupazione e agevolare l’uscita dalla crisi.

Sicuramente il tema della sostenibilità ambientale uscirà rafforzato dalla crisi. Infatti, il ruolo dei governi e della Ue sarà centrale per far ripartire l’economia e una porzione significativa degli stimoli fiscali varati dai singoli Stati e del Recovery Fund sono diretti verso la sostenibilità.
L’Europa è già l’area economica più attenta alla sostenibilità: meno di un anno fa l’Unione ha presentato lo European Green Deal, un piano per contenere l’utilizzo delle risorse naturali e procedere verso un’economia più pulita e circolare. Ora a questi obiettivi si affiancano risorse ingenti. Efficienza energetica, rinnovabili, 5G e ferrovie sono tra le aree che riceveranno più investimenti con l’obiettivo di rendere più sostenibile e più digitale la nostra economia.

Attenzione alla forza dell’euro

Un fattore di attenzione è rappresentato dalla forza dell’euro delle ultime settimane. Dai minimi di marzo il cambio contro il dollaro si è rafforzato del 10%, anche se rispetto a fine 2019 l’apprezzamento è solo del 6%.
Circa la metà dei ricavi dell’indice Euro Stoxx è legata agli scambi con l’estero e quindi il cambio è una variabile importante. L’economia dell’eurozona è più dipendente dall’export non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche al Giappone e alla Cina; quindi la ripresa della domanda domestica – e le iniziative di governi e UE per alimentarla – sono quanto mai fondamentali per la ripartenza.

In conclusione, l’Eurozona deve superare l’impatto del COVID-19 contando sulle proprie forze e per questo deve ripensare il proprio modello economico storicamente votato all’export e alla competitività.
Come sempre accade, le crisi accelerano i cambiamenti e le decisioni prese dagli Stati e dall’Unione Europea possono facilitare questa transizione.