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Latte artificiale: alert olio di palma, i marchi più cancerogeni

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“Gli esiti del test sono chiari: i contaminanti sono stati riscontrati in tutti i tredici latti artificiali destinati ai bebè da 0 a 6 mesi tra i più venduti e utilizzati. Un solo prodotto (Crescendo Coop) non supera mai i limiti tollerabili per ciascuna fascia di età. In due casi, Humana 1 e Plasmon Nutrimune 1, la quantità non è preoccupante e sotto la dose giornaliera tollerabile per i bebé di 3-5 mesi, ma il limite è superato per i neonati di un mese. Gli altri prodotti invece superano i limiti di guardia in tutte le fasce di età”.

È quanto Altroconsumo ha individuato dall’analisi di tredici prodotti. I contaminanti, si legge nel comunicato stampa, sono i 3 MCPD, molecole potenzialmente cancerogene, e i GE (sicuramente cancerogeni), che derivano dalla raffinazione ad alte temperature degli oli vegetali, in particolare dell’olio di palma, presenti negli ingredienti.

“La Commissione Europea sta discutendo una definizione di limiti di legge che Altroconsumo ritiene inadeguati a tutelare i lattanti. Per questo l’organizzazione di consumatori ha scritto al ministero della Salute, utilizzando la base dei risultati del test, proponendo una soluzione che consenta di salvaguardare la salute dei più piccoli e stimolare le aziende a migliorare le tecniche di produzione a vantaggio di tutti”.

D’altronde “l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) a maggio scorso ha documentato la pericolosità dei contaminanti in questione: non si può più perdere tempo per determinare nuovi limiti su queste sostanze nocive, e non si può perdere l’occasione di farlo in modo chiaro, severo ed efficace; per queste ragioni Altroconsumo invita a sostenere la petizione”.

Altroconsumo sottolinea come sia “necessario cambiare le formule di produzione dell’alimento, sostituendo l’olio di palma con materie grasse alternative: una soluzione efficace per abbattere la contaminazione da 3MCPD e GE. A patto però che anche gli altri grassi usati in sostituzione siano strettamente controllati su questo aspetto”.

Nel comunicato Altroconsumo chiarisce la propria posizione:

“Il latte artificiale è il primo alimento che un bebè mette in bocca quando la mamma ha problemi ad allattare. Premettendo che l’alimento migliore resta ovviamente il latte del seno materno e che l’allattamento naturale deve essere la prima scelta per ogni genitore, anche il latte artificiale deve essere garantito e sicuro. Anzi, di più. La composizione degli “alimenti in formula per lattanti”, come si definiscono in gergo tecnico, garantisce il giusto equilibrio nutrizionale ai neonati che li assumono al posto del latte della mamma. La legge però non mette al riparo dal problema dei contaminanti potenzialmente cancerogeni presenti in questi prodotti che derivano dagli oli vegetali usati nella loro formulazione, in particolare dall’olio di palma. Li abbiamo trovati in tutti i tredici latti artificiali destinati ai bebè da 0 a 6 mesi che abbiamo analizzato, in quantità a volte sopra i limiti di guardia“.

Dalla tabella emerge come nel caso di Blemil e nel Dicoform la presenza dei contaminanti da processo 3MCPD che tre lattanti di età diversa assumono in un giorno con la loro alimentazione è inaccettabile, e che gli agenti sono di fatto cancerogeni. Diversi sono i casi in cui la dose giornaliera tollerabile viene superata.

Altroconsumo scrive:

“Abbiamo affidato a un laboratorio accreditato, con la dovuta esperienza su questi contaminanti, le analisi
su un piccolo gruppo di alimenti con olio di palma, scelti tra quelli più consumati da bambini e adolescenti, tra cui tre campioni di latte artificiale. La questione ci sembrava di massima importanza e meritava un approccio tempestivo, perché in gioco c’era la salute dei più piccoli. L’inchiesta è stata pubblicata subito, nel mese di luglio 2016 (AC 305, luglio 2016). I dati su patatine, snack, merendine e biscotti non hanno subìto contestazioni, mentre quelli sui tre campioni di latte artificiale hanno suscitato la reazione dei produttori, perché non corrispondevano a quelli del loro autocontrollo. Poiché non esiste un metodo unico e condiviso da tutti i laboratori che si occupano di questa materia, abbiamo deciso di ripetere le analisi, affidando i tre prodotti oggetto di contestazione, sempre dello stesso lotto, a un secondo laboratorio che utilizza un metodo diverso per la ricerca di questi contaminanti nel latte in polvere. Il nuovo test ha ricalcolato la quantità presente nei prodotti: Humana 1 passa da un valore di 3MCPD, dieci volte superiore alla dose giornaliera tollerabile, a un valore che rientra quasi sempre nei limiti di sicurezza, fatta eccezione per il bebè di un mese, in cui la soglia di sicurezza viene superata leggermente. Scendono rispetto alle precedenti prove anche i contaminanti 3MCPD di Nidina 1 e Mellin 1, sebbene in questi prodotti la soglia di sicurezza stabilita dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare venga comunque sempre superataPer approfondire la questione e allargare il panorama, abbiamo aggiunto al test altri marchi di latte artificiale, alcuni senza olio di palma. Risultato: dieci campioni su tredici superano comunque il limite tollerabile di assunzione di 3MCPD. Si va da valori che sono di poco superiori alla dose giornaliera tollerata a valori 2-3 volte superiori (per esempio Nidina 1, Mellin 1, Formulat 1), fino al caso più estremo, Blemil 1, nel quale abbiamo riscontrato un tenore di 3MCPD quindici volte superiore al limite di sicurezza. In questo prodotto e nel latte Formulat 1 abbiamo trovato anche i contaminanti GE, che essendo sicuramente cancerogeni e genotossici (possono cioè danneggiare il Dna) non devono esserci e dunque non si può dare per definizione una soglia di tolleranza. Buoni, invece, i risultati di Coop Crescendo, che non usa il palma. Sebbene i valori di contaminazione siano più bassi di quelli riscontrati nel test pubblicato a luglio, la situazione complessiva rimane critica e merita ancora il nostro interessamento, soprattutto alla luce della discussione che si sta svolgendo in Europa sulla definizione dei nuovi limiti ammissibili di contaminazione, che rischiano di essere troppo permissivi.

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