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Italiani beffati: in arrivo nuove tasse per togliere l’Imu

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ROMA (WSI) – Una volta, quando il potere dell’Europa non era così invasivo, tutto sembrava più semplice. Per far tornare i conti i ministri si inventavano incassi iperbolici da lotta all’evasione, oppure tagli di spesa che mai si sarebbero prodotti. Con l’approvazione – l’anno scorso – della riforma costituzionale che ci impone il pareggio di bilancio, il mondo è cambiato. Tanto entra, tanto deve uscire. Non sono possibili soluzioni creative o poste improbabili.

Ecco perché a 36 ore dal consiglio dei ministri decisivo sul destino della rata di dicembre dell’Imu, la riunione che dovrebbe porre le premesse politiche dell’accordo sulla futura «Service tax», Pd e Pdl sono ancora divisi da due miliardi di euro.

«C’è da lavorare, ma possiamo farcela», dissimula Angelino Alfano. Trovare due miliardi in meno di due giorni sarebbe una sfida difficile per un governo forte, è difficilissima per un governo in bilico per ben altre ragioni.

Eppure si respira aria di accordo. È ottimista Enrico Letta, che ieri ha sentito più volte al telefono Renato Brunetta, è ottimista persino Graziano Delrio, il ministro amico dei Comuni e bestia nera del capogruppo Pdl: «Lavoriamo per trovare una soluzione».

Perché tanto ottimismo? Sulla carta il governo ha bisogno di 6,5 miliardi di euro. Ovvero la somma necessaria a coprire il mancato gettito Imu di quest’anno (quattro miliardi), ad evitare l’aumento dell’Iva almeno fino a capodanno (un miliardo), rifinanziare la cassa integrazione in deroga (un altro miliardo) e le missioni militari all’estero.

Il Tesoro ne ha trovati nel bilancio due e mezzo, un altro miliardo (forse uno e mezzo) dovrebbe arrivare dal maggior gettito Iva che – sempre sulla carta – garantiranno le fatture arretrate emesse dai più fortunati creditori dello Stato.

Qualche centinaio di milioni sarà raggranellato grazie agli effetti delle riduzioni di spesa volute da Monti e forse – così almeno chiede il Pdl – dal taglio di alcuni programmi dei cosiddetti «aiuti alle imprese» così come previsti dal noto piano Giavazzi.

Per raggranellare il resto si farà ricorso all’aumento delle care e vecchie tasse indirette: sui giochi e gli alcolici. Né più né meno ciò che il Pdl in campagna elettorale proponeva per abbattere del tutto la tassa sulla prima casa. Quel progetto valeva tre miliardi e mezzo di nuove tasse, per la fortuna di fumatori e bevitori ne basteranno meno.

Molto dipenderà da quel che si deciderà fra oggi e domani e dalla conferma (o meno) del blocco dell’aumento Iva dal 21 al 22%,; in assenza di coperture scatterà il primo ottobre. Il governo sta cercando di evitarlo ad ogni costo, ma la decisione è tuttora appesa ad un filo.

Ciò che ormai è certo è che l’Imu sulla prima casa, la tassa formalmente abolita in ossequio alla pervicacia del Pdl, rientrerà dalla finestra con un nome diverso.

L’accordo fra i partiti – che verrà perfezionato nella legge di stabilità entro metà ottobre – prevede che dal 2014 i Comuni possano imporre una tassa progressiva sui servizi indivisibili. Terrà conto del reddito (si partirà dal nuovo Isee), del numero dei componenti e – inutile dirlo – della dimensione dell’immobile.

La pagheranno inquilini e proprietari. I Comuni avranno la libertà di decidere se computare nella nuova tassa la prima casa oppure no, e comunque continueranno a imporre una patrimoniale in senso stretto ai possessori di seconde e terze case, immobili di lusso, castelli e ville.

In ogni caso – va detto – i redditi bassi pagheranno di meno. Almeno questo è quello che promettono i grandi numeri sul tavolo del Tesoro: invece dei cinque miliardi e mezzo ottenuti nel 2012 dalla somma di Imu e tassa sui rifiuti, la nuova tassa ne varrà al massimo tre.

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