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Il ruolo del comportamento nella consulenza finanziaria

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Il ruolo del comportamento nella consulenza finanziaria

di Paolo Legrenzi

Sono nato a Venezia, ho girato un po’ il mondo e ora ho il previlegio di abitare a un quarto d’ora a piedi dalla Chiesa di San Moisè dove è sepolto John Law. Un grande previlegio per chi si occupa dei temi che stanno a cavallo tra scienze cognitive, economia e finanza.
Mi piace infatti pensare a John Law come il punto d’origine, il momento preciso in cui la consulenza finanziaria e la consulenza comportamentale hanno cominciato ad allontanarsi l’una dall’altra, a divaricarsi.
In John Law, invece, erano ancora saldamente fuse nella stessa persona. Eppure fu proprio lui a porre le basi per il progressivo diversificarsi di questi due tipi di consulenza, oggi ormai agli antipodi.  John Law, nato a Edimburgo nel 1671 è stato, al contempo, un grande giocatore d’azzardo, un ministro delle finanze e un teorico dell’economia. Era un giocatore d’azzardo colto che sapeva sfruttare con grande abilità le differenze tra le leggi della probabilità e le intuizioni del senso comune. Si era cominciato a riflettere su queste differenze a metà del Seicento quando uno scrittore amico di Blaise Pascal, il cavaliere De Meré, pose al filosofo e teorico della probabilità, il seguente quesito:

“Abbiamo la stessa probabilità di vincere scommettendo che esca almeno un 6 su 4 tiri consecutivi di un dado, oppure scommettendo che escano almeno due 6 su 24 tiri, lanciando due dadi alla volta?”.

Pascal, insieme a Fermat, fornì la risposta giusta calcolando quanti sono i casi favorevoli allo scommettitore rispetto a tutti i casi che si possono verificare, giungendo alla conclusione che il doppio 6 su 24 lanci è un evento più improbabile di un singolo 6 su 4 lanci. Il cavaliere De Meré e i giocatori dell’epoca si sbagliavano perché non tenevano conto del fatto che l’uscita di un 6 o di una coppia di 6 in un lancio non è incompatibile con le successive uscite del 6 o della coppia di 6 nei successivi lanci mentre Pascal e Fermat tennero conto nel calcolo di tutte le possibilità.

Questo problema, noto nella storia come “problema del Cavaliere De Meré”, è l’antesignano dei tanti dilemmi in cui il senso comune cozza con il calcolo statistico delle probabilità. Possiamo dire che l’aiuto di Pascal e Fermat dato al Cavaliere fu il primo caso nella storia di consulenza finanziaria.

Che cosa è, in sintesi, la consulenza finanziaria?

Si tratta di una serie di conoscenze che si traducono in consigli dati per i migliori investimenti, prendendo in considerazione modelli teorici come il calcolo delle probabilità e dei rischi e, più in generale, teorie come quella del portafoglio di Harry Markowitz (1952) basata sulla nozione di correlazione. Come nel caso della risposta anti-intuitiva di Pascal e Fermat, Markowitz ha spiegato che la somma dei rischi dei singoli investimenti, calcolati in base alla varianza dei prezzi, non corrisponde al rischio totale del portafoglio. Questo perché, in parole semplici, i rischi delle varie fette della torta si compensano, nozione non intuitiva che porta a far sì che le caratteristiche della torta non siano il risultato dell’aggregazione delle caratteristiche delle singole fette.

Conoscere la teoria della probabilità permetteva a Law di calcolare i rischi di ogni situazione che capitava ai tavoli da gioco. Ma Law era molto abile anche nel cogliere lo stile dei suoi avversari, il loro “profilo” di giocatori. Questa abilità è quella necessaria oggi per la consulenza comportamentale. La consulenza comportamentale studia i comportamenti delle persone, in generale, e in particolare, gli stili e le preferenze di ogni giocatore/investitore.

Nella relazione tra un consulente e un cliente è cruciale la fiducia reciproca. Questo fu un punto che Law colse molto bene. Fu la fiducia nel ruolo della fiducia che gli permise di sostituire per la prima volta, a livello di intere nazioni, le monete metalliche, con valore intrinseco, con dei fogli di carta garantititi dalla fiducia nel sovrano che batteva moneta stampandola invece di coniarla con metalli preziosi.
Purtroppo la pressione dei re di Inghilterra e poi di Francia costrinse John Law a trasformare l’emissione reale di carta moneta in una sorta di schema Ponzi che a un certo punto crollò. Alla fine Law si rifugiò a Venezia che era una sorta di Las Vegas dell’epoca, patria del gioco d’azzardo, dei liberi costumi ma anche maggiore centro editoriale del globo. Cultura e gioco: i due pilastri della vita di Law che non ebbe pace neppure da morto perché la chiesa, nella piazza di San Marco, dove era stato seppellito con grande fasto, venne distrutta pochi decenni dopo e la salma traslata a San Moisè, dove giace tuttora.

L’idea geniale dello schema Ponzi, e cioè il meccanismo per cui l’entusiasmo dei nuovi investitori genera la possibilità di rimborsare gli eventuali disinvestimenti dei vecchi investitori, in un crescendo che può auto-alimentarsi a lungo, la prima volta venne adottata su larga scala proprio da John Law. E tuttavia il nome “schema Ponzi” si riferisce all’adozione di un meccanismo speculativo analogo da parte di un emigrato italiano a Boston circa un secolo fa. Law fu costretto a ricorrere a una sorta di schema Ponzi dagli ingordi monarchi mentre la sua idea autentica era quella di svincolare la moneta dall’oro e non di moltiplicare le emissioni garantite dai sovrani.

L’oro come investimento non è scomparso

Ma per gli investitori odierni va tenuto presente che, sui tempi lunghi, non solo viene superato dall’indice S&P 500, ma è surclassato dall’opposto, per così dire, dell’oro, e cioè dall’indice Nasdaq, simbolo dell’immateriale.

In effetti quando vado a trovarlo a San Moisè, penso che la vera soddisfazione John Law l’avrebbe provata nel vedere che l’erede delle sue idee sui valori delle entità intangibili, e cioè l’indice Nasdaq, a sua volta batte sistematicamente il classico e tradizionale indice S&P 500.

Il fatto che la finanza contemporanea sia sempre più contro-intuitiva e che il senso comune porti a inconsapevole autolesionismo negli investimenti scelti con il “fai da te” ha condotto agli estremi la divaricazione nata con John Law. Egli, nella sua funzione di consulente finanziario dei sovrani, aveva introdotto innovazioni che non sono più scomparse, anzi sono accelerate sempre più.
Al contrario, come consulente comportamentale, il fallimento dei suoi rapporti con i sovrani inglesi e francesi ha anticipato le difficoltà che oggi si hanno nel convincere il grande mondo dei risparmiatori che l’immateriale è il futuro degli investimenti.

 

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di giugno del magazine Wall Street Italia