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Effetto BCE sui nuovi mutui: tassi si avvicinano al 2% a maggio

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La crescita dello spread e la Bce ‘falco spingono al rialzo i tassi sui nuovi mutui che, nel mese di maggio, si avvicinano al 2%. È quanto indicato dall’Abi nel suo rapporto mensile, secondo cui lo scorso mese i tassi sui nuovi mutui alle famiglie in Italia sono risaliti ai livelli del febbraio del 2019, segnando l’1,93%, a fronte dell’1,81% del mese precedente.

Nelle simulazioni sui motori di ricerca, tuttavia, i mutui a tasso fisso veleggiano già fra il 2,3 e il 2,8%, con punte anche oltre il 3%. I variabili sono ancora poco sopra l’1%, ma si tratta di una ‘forbice’ destinata a chiudersi velocemente vista l’accelerazione di Francoforte e della Fed nella stretta monetaria che incide anche sui tassi di mercato di riferimento.

Nonostante l’aumento, il dato resta a valori che corrispondono a condizioni di finanziamento molto favorevoli, ed è notevolmente più basso rispetto ai precedenti storici.

Guardando agli ultimi 12 mesi il livello più basso era stato toccato nel settembre del 2021, quando i nuovi mutui per l’acquisto di casa vedevano i tassi all’1,39%. Ma allargando lo sguardo, prima della crisi finanziaria, iniziata nel settembre del 2007, questa voce si attestava al 5,72% in Italia.

ABI: impatto circoscritto, l’85% dei mutui è a tassi fisso

Per le famiglie italiane l’impatto sarà comunque circoscritto rispetto a quanto visto negli anni scorsi. L’85% dei mutui infatti, sottolinea il vice dg dell’Abi Gianfranco Torriero, è a tasso fisso. E’ chiaro che invece dovranno subire i rincari quelli che hanno un tasso variabile o chi si appresta a sottoscriverne uno. Ancora l’Abi, che cita dati Banca d’Italia, rileva come sul totale dei prestiti alle famiglie (+3,9%), la crescita dei mutui è stabile (+5,2%).

La scorsa settimana la Bce ha deciso di aumentare i tassi di riferimento a scadenza programmata, di 25 punti base a luglio e di nuovo a settembre, per un valore ancora da stabilire, che potrebbe toccare 50 punti base. I tassi di riferimento che decide per l’intera eurozona, quindi anche per l’Italia, vengono da una lunga fase in cui sono stati ai minimi storici: sulle principali operazioni di rifinanziamento sono a zero dal marzo del 2016.