Economia

Decreto Dignità e lavoro precario: gli aspetti critici

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

A cura dell’avv. Matteo Di Francesco

Il Decreto-legge n. 87/2018 (cd. “Decreto Dignità”) è stato il primo provvedimento di particolare impatto economico-sociale del nuovo Governo ed impone una valutazione su alcune misure. È, infatti, sempre più d’attualità la necessità, per le imprese, di poter contare su un mercato del lavoro dinamico ed efficiente, nonché su un ambiente normativo e istituzionale favorevole agli investimenti, anche esteri.

Non sembra, tuttavia, che la nuova normativa si rivolga pienamente in tale direzione, alimentando dubbi e perplessità. Facciamo un paio di esempi pratici.

Il provvedimento rende più complesso, in primo luogo, il ricorso ai contratti a termine, riducendo da 36 a 24 mesi la durata massima dei contratti a termine e reintroducendo le cosiddette “causali” (per i contratti a tempo determinato oltre i 12 mesi).

In tal modo, il Decreto Dignità costringe le imprese, attraverso formulazioni lessicali più o meno dettagliate, a “giustificare” il ricorso ai contratti a termine. Inoltre, il Decreto riduce le possibili proroghe da 5 a 4 (mentre nei primi 12 mesi di rapporto sono libere).

Tali modifiche rischiano di avere un impatto negativo sull’occupazione, perché il fatto che per contratti tra i 12 e i 24 mesi sia richiesto alle imprese di indicare le condizioni del prolungamento finirà, nei fatti, per limitare a soli 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato.

Allo stesso modo, il ritorno al pesante sistema di causali comporterà un aumento del contenzioso, che le riforme degli anni scorsi – come ricordato da Confindustria – avevano contribuito faticosamente ad abbattere (si ricorda che le cause di lavoro sui contratti a termine sono passate da oltre 8.000 nel 2012 a 1.250 nel 2016).

In secondo luogo, in tema di somministrazione, il Decreto estende in maniera poco condivisibile i limiti (di durata e disciplina) previsti per il contratto a tempo determinato ai contratti di lavoro a termine che le agenzie per il lavoro (come Adecco, Gi Group, etc.) stipuleranno con i singoli lavoratori da inviare in missione presso le imprese utilizzatrici.

In particolare, l’estensione anche della disciplina dell’interruzione obbligatoria tra contratti a termine (cosiddetto “stop&go” – 10/20 giorni di intervallo in ragione della durata del primo contratto a termine, inferiore/superiore a 6 mesi) non appare una misura equilibrata, perché nel rapporto di lavoro in somministrazione il ricorso al lavoro temporaneo anche senza soluzione di continuità tra una missione e l’altra è del tutto naturale, potendo l’agenzia inviare in missione il lavoratore, con contratti contigui, presso diverse imprese utilizzatrici.

Così, come già evidenziato da Assolavoro a luglio in un’audizione dinanzi alla Camera dei Deputati, la riforma avrà l’effetto di limitare e ridurre i periodi di attività dei lavoratori, favorendo uno “spezzettamento” dei contratti di lavoro e inducendo gli imprenditori a ricorrere, in corrispondenza dello stop (e solo per la sua durata), ad altro personale, che accederebbe, però, ad un contratto di minima durata, generando un turn over indesiderato, che porterà a sua volta nuova precarietà.

In questo senso, la stretta sulla somministrazione, effettuata dal Decreto, rischia di irrigidire molto la differenza tra questo strumento e quello del contratto a termine, causando un forte disorientamento tra gli imprenditori.

Soprattutto in materia di contratti a termine, come evidenziato, con il Decreto si è andati oltre quanto prescrive ai Paesi UE la direttiva comunitaria del 1999 in chiave di contrasto alla precarietà. In questo senso, vi è il concreto rischio che le imprese, chiamate a decidere come usare questi strumenti, facciano meno rinnovi e proroghe per evitare prevedibili contenziosi.

L’effetto evidente del Decreto, per la parte dedicata al lavoro, sarà un aumento della volatilità della legislazione. Pur avendo di mira obiettivi astrattamente condivisibili – come il generale contrasto all’abuso dei contratti flessibili – il Decreto Dignità prevede misure che, di fatto, renderanno più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese, così disincentivando gli investimenti e limitando la crescita generale.

L'avvocato Matteo Di Francesco, responsabile dipartimento del lavoro Jenny.Avvocati
L’avvocato Matteo Di Francesco, responsabile dipartimento del lavoro Jenny.Avvocati

* Avvocato, Responsabile Dipartimento di Diritto del Lavoro – Jenny.Avvocati