Economia

Davos al via, élite proveranno a difendere la globalizzazione

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Al World Economic Forum di Davos ci sarà un grande assente: gli Stati Uniti. Con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca previsto per venerdì al 47esimo evento di quattro giorni che riunisce a inizio anno i più importanti capi d’impresa, banchieri e leader di governo del mondo, nonché intellettuali, economisti e imprenditori provenienti da circa 100 paesi diversi, la sua nuova amministrazione sarà rappresentata da un uomo decisamente di basso profilo: Anthony Scaramucci, uno scrittore e imprenditore americano.

L’anno scorso tra la Brexit e l’elezione di Trump alla presidenza Usa, gli elettori di una parte dell’Occidente hanno deciso di cacciare una parte delle élite politiche del mondo dalle poltrone del potere. Domani alcuni dei rappresentati del cosiddetto establishment si incontreranno in uno chalet svizzero, comodamente seduti su divani alla moda, per cercare di trovare un modo per risolvere i problemi del mondo. Il World Economic Forum è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro il cui obiettivo è quello di migliorare la situazione mondiale favorendo una cooperazione tra pubblico e privato.

Alcuni di loro, come la numero uno del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, sono personaggi di spicco della scena mondiale, ma tra i presenti non ci sarà nemmeno uno dei protagonisti politici ed economici del 2016, che è stato un anno di grandi cambiamenti. Tra questi l’unica che potrebbe avere un ruolo importante nei prossimi mesi è la premier britannica Theresa May, la cui strategia incerta sulla Brexit le è valsa il soprannome di Theresa Maybe (copyright de L’Economist).

Ci saranno anche la già citata presidente dell’Fmi, il membro del direttorio della Bce Benoit Coeure, il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, il fondatore di Microsoft e filantropista Bill Gates, l’AD di Alibaba Jack Ma, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, il vice presidente Usa uscente Joe Biden, il leader cinese Xi Jinping, l’ex Segretario del Tesoro Larry Summers e il fondatore del fondo hedge Bridgewater Associates Ray Dalio.

La globalizzazione è sotto attacco e il tema della riunione di quest’anno, “leadership responsabile e responsiva” è probabilmente proprio un riferimento agli eventi che hanno sconvolto lo status quo nel 2016, dall’elezione di Trump, alla decisione di Londra di dire addio all’Ue, passando per la crescita di popolarità dei gruppi populisti e isolazionisti in Polonia e Francia, arrivando fino alla deriva autoritaria in Turchia e alla crisi diplomatica tra Nato e Russia.

Il problema è che gli invitati agli appuntamenti di alto profilo di Davos non hanno la minima idea di come affrontare i problemi relativi all’ondata populista e all’ampliamento delle disuguaglianze. Secondo Moises Naim del Carnegie Endowment for International Peace le élite brancolano nel buio ancora più del solito. “Sono d’accordo nell’idea che qualcosa di grande si stia verificando, qualcosa di globale e per molti aspetti senza precedenti. Ma non sappiamo quali sono le cause e come affrontarle”.

Ricchezza di metà povera del mondo in mano a 8 miliardari

Alcuni analisti e commentatori hanno osservato come una delle cause della vittoria di Donald Trump in Usa, o della Brexit, sia proprio il crescente divario tra ricchi e poveri. Sette persone su dieci vivono in paesi dove la disuguaglianza è cresciuta negli ultimi 30 anni: tra il 1988 e il 2011 il reddito medio del 10% più povero è aumentato di 65 dollari, meno di 3 dollari l’anno, mentre quello dell’1% più ricco di 11.800 dollari, vale a dire 182 volte tanto.

Sono alcune delle cifre emerse in un nuovo rapporto sulla ricchezza stilato da Oxfam in vista dell’avvio dei lavori di Davos, che prende il 17 gennaio nelle Alpi svizzere. Secondo i dati diffusi dall’Ong, che denuncia “la concentrazione indecente della ricchezza”, otto super miliardari detengono la stessa ricchezza netta (426 miliardi di dollari) di metà della popolazione più povera del mondo, vale a dire 3,6 miliardi di persone.

Nel rapporto intitolato ‘Un’economia per il 99%‘ viene preso in esame l’ampliamento del divario tra il benessere di ricchi e poveri, una disuguaglianza che secondo l’organizzazione si sta “estremizzando oltre ogni ragionevole giustificazione“. I dati dicono che multinazionali e super ricchi continuano ad alimentare la disuguaglianza di reddito e sociale, facendo ricorso a pratiche di elusione fiscale, massimizzando i profitti anche a costo di comprimere verso il basso i salari e usando il loro potere per influenzare la politica.

Si rende dunque necessario, secondo Oxfam, “un profondo ripensamento” dell’attuale sistema economico che fin qui ha funzionato a beneficio di pochi fortunati e non della stragrande maggioranza della popolazione mondiale. La metà più povera del pianeta è : sono queste le nuove stime enunciate nel rapporto. Se questi dati fossero stati disponibili già l’anno scorso, dice Oxfam, “avremmo avuto nove miliardari in possesso della ricchezza della metà più povera del mondo e non 62”. Per questo non dovrebbe sorprendere che nei calcoli di quest’anno i super ricchi con in mano gli stessi soldi della metà più povera del mondo siano otto.

“È osceno che così tanta ricchezza sia nelle mani di una manciata di uomini, che gli squilibri nella distribuzione dei redditi siano tanto pronunciati in un mondo in cui 1 persona su 10 sopravvive con meno di 2 dollari al giorno – ha detto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia – La disuguaglianza stritola centinaia di milioni di persone, condannandole alla povertà; rende le nostre società insicure e instabili, compromette la democrazia”.