Economia

Banche, le supplenti della politica

“La decentralizzazione e la tecnologia non sono una minaccia per chi fa banca bene, anzi. Le banche oggi stanno diventando lo strumento di supplenza della politica economica europea, che non è mai stata disegnata se si esclude la BCE. Ad esempio nell’universo ESG, le banche sono la leva esecutiva per tradurre le scelte ESG anche della politica monetaria, fanno da educatore sociale rivestendo così un ruolo imprescindibile. Non si devono occupare solo di denaro, ma devono accompagnare le famiglie e le imprese europee su una strada di lungo e complesso adeguamento agli standard europei. Nel caso specifico degli ESG, ad adeguarsi agli standard di sostenibilità. In merito al digitale, chiedo alla politica un livello paritetico (o parità di libertà o parità di restrizioni) rispetto alle big americane nel trattamento dei dati, una regolamentazione giusta, cosicché anche le banche europee ed italiane possano correre libere nella prateria della privacy rimanendo competitive. Il digitale serve per tutelare la professionalità, non per sostituirla”, ha dichiarato Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi, durante il 22° congresso nazionale della Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiani.

“Sono d’accordo con quello che ha detto Carlo Alberto sull’obbligo della politica di formulare una regolamentazione che, finora, è stata fatta solo dal mercato. Ma questa regolamentazione deve valere anche per lo Stato, non solo per le banche. Nel momento in cui si parla tanto di educazione finanziaria e di approccio chiaro e trasparente al risparmiatore, non si menziona però mai cosa può accadere durante la vita degli strumenti finanziari, ad esempio al corso borsistico di un titolo di Stato. Le banche in questo senso, per migliorare la relazione con i clienti e il livello di competenze, devono svegliarsi e prendere esempio, nella comunicazione, dal marketing del MOT, che è stato capace di collocare 20 miliardi di BTP in due giorni. La comunicazione sta re-indirizzando tutte le regole del gioco. Basti pensare alla comunicazione martellante sui social su un determinato tema. Nel caso del BTP, è passato il messaggio che sia indiscriminatamente lo strumento adatto a tutti, ma non è così. È un messaggio distorto in partenza che allontana il risparmiatore dalla vera educazione finanziaria, basata su obiettivi, livello di rischio del singolo e diversificazione. La politica quindi ha il dovere sia di regolamentare che di vigilare che i consulenti finanziari, nel consigliare i giusti strumenti finanziari ai clienti, abbiano un livello adeguato di formazione, incentivandoli a investire su quest’ultima”, gli ha fatto eco il direttore di Wall Street Italia, Leopoldo Gasbarro.

“Vi siete accorti che, negli ultimi 20 anni, le banche hanno fatto politica in sostituzione dei Governi? Ristrutturando ad esempio i debiti dei quotidiani e delle televisioni, finanziando la ricerca, le fondazioni e le università, le infrastrutture. Più politica di questo non c’è. Io credo che il vero problema di oggi sia proprio l’assenza della politica, sia in termini di preparazione professionale individuale, sia in termini di iniziative. Sui problemi seri la politica non la trovi mai. E l’assenza di una comunicazione adeguata da parte dei media che metta in risalto questo ruolo primario delle banche” ha incalzato Lando Maria Sileoni, Segretario Generale della Fabi.