Economia

L’anno nero Elon Musk: nel 2022 ha perso 200 mld di dollari. Ecco perchè

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Un anno da dimenticare il 2022 per Elon Musk. Fino al 4 novembre il 51 enne patron di Tesla, SpaceX e Twitter era l’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di 340 miliardi di dollari, ma poi è iniziato il tracollo: superato prima dall’imprenditore francese Bernand Arnault, il patrimonio di Musk ha proseguito la sua fase di contrazione:  secondo i calcoli di Bloomberg Billionaires Index, la sua ricchezza è scesa a 137 miliardi di dollari, con una perdita di 200 miliardi di dollari, pari a oltre 5 volte la manovra 2023, che vale circa 35 miliardi di euro.

La causa principale delle perdite di Musk va cercata nella caduta di Tesla (- 65% nel 2022): un vero e proprio crollo verticale, che gli ha consegnato un primato, questa volta negativo, quello di essere la prima persona della storia ad aver perso 200 miliardi di dollari. A questo bisogna aggiungere il fatto che Musk ha dovuto vendere molte azioni per coprire l’acquisto di Twitter, che non sono più il suo più grande patrimonio.

Da notare che Elon Musk era stata la seconda persona in assoluto ad accumulare un patrimonio personale di oltre 200 miliardi di dollari: aveva superato la soglia nel gennaio 2021, alcuni mesi dopo Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.

I motivi dietro al crollo di Tesla

Dopo aver toccato per la prima volta la capitalizzazione di mercato di 1.000 miliardi di dollari nell’ottobre 2021, Tesla ha attraversato un anno, il 2022, da dimenticare: dall’inizio dell’anno il titolo ha ceduto oltre il 65%.

Malgrado l’evidente declino il miliardario americano ha sempre respinto le preoccupazioni su Tesla, attribuendo le responsabilità del calo delle quotazioni all’aumento dei tassi di interessa da parte della Fed, che alza i tassi d’interesse e spinge l’economia verso la recessione.

“Tesla sta andando meglio che mai!», ha twittato il 16 dicembre. “Non controlliamo la Federal Reserve. È questo il vero problema” Per il mercato, invece, è colpa di Musk. La seconda persona più ricca del mondo ha negato di avere trascurato la guida di Tesla per concentrarsi su Twitter e ha imputato le colpe alla “grave recessione” in arrivo nel 2023 e a quella che secondo lui è già in corso.

Il 2023 non si preannuncia di facile gestione: secondo fonti di stampa, si prevedono licenziamenti nel corso del primo trimestre 2023 per Tesla, che vorrebbe inoltre congelare le assunzioni. Le polemiche sulla sua gestione di Twitter, il crollo del titolo di Tesla, il taglio degli obiettivi di prezzo da parte di numerosi analisti e le dure critiche degli investitori (che hanno chiesto a Musk di cedere la guida di Twitter) rendono la situazione nel complesso difficile, per Musk, che ha detto di essere pronto a lasciare la guida del social network, seguendo le indicazioni di un sondaggio effettuato proprio sul suo account.

A complicare il quadro ci sono il ritorno del Covid-19 e la forte concorrenza in Cina. Inoltre, Tesla è passata da essere la monopolista nel settore delle auto elettriche a uno dei tanti operatori del settore, per cui non gode più dei vantaggi del first mover. Inoltre in questo periodo alcuni paesi, come la Svizzera, stanno iniziando a porre dei freni alle auto elettriche, a causa soprattutto della pesante crisi energetica in corso.

Fioccano intanto le critiche all’operato di Musk. Il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman, sul New York Times, è arrivato a paragonare il crollo di Tesla con quello del Bitcoin.  “Non mi fiderei di Musk per dare da mangiare al mio gatto, figuriamoci per dirigere una grande azienda”, scrive Krugman senza usare mezzi termini. “È difficile capire cosa possa dare a Tesla una posizione di vantaggio a lungo termine nel settore dei veicoli elettrici”, ha detti l’economista, aggiungendo che gran parte della popolarità di Tesla derivava dalla percezione di Musk come un “tipo in gamba”, immagine che è svanita nelle ultime settimane a causa delle sue controverse mosse alla guida di Twitter dopo averla acquisita.

Non solo Musk: gli altri miliardari che piangono

Musk non è l’unico ad aver avuto un 2022 da dimenticare: il calo delle quotazioni ha penalizzato anche i fondatori di altre Big Tech americane, come Amazon, Google e Facebook.

Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che una volta figurava tra le dieci persone più ricche del pianeta, ha perso quasi 81 miliardi, anche se gli rimande un patrimonio di 45 miliardi, superiore al Pil dell’Islanda.

Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha visto il suo patrimonio calare di 84,1 miliardi, anche lui colpito dal crollo delle azioni. L’anno si chiude in rosso anche per Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google: il primo ha perso 44,6 miliardi, il secondo 43,4. I due hanno pagato la crisi di Alphabet, casa madre di Google e Brin anche la separazione dalla moglie.

Bill Gates, fondatore di Microsoft, ha visto una riduzione del 20% del suo patrimonio, sceso a 101 miliardi di euro.

Chi ha avuto un buon 2022

Secondo Bloomberg, le sei più grandi banche di Wall Street hanno accumulato profitti per mille miliardi di dollari. Profitti record in dieci anni per Jp Morgan, Bank of America, Wells Fargo, ma Citigroup, Goldman Sachs e Morgan sono subito dietro.

Oltre alle “solite” banche, quella appena trascorsa è stata un’ottima annata per Bernard Arnault, l’amministratore delegato della società madre del marchio di lusso Louis LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy, gruppo francese nato nel 1987 dalla fusione tra le imprese Louis Vuitton, specializzata negli accessori di moda, e Moët Hennessy, specializzata in vini e alcolici), al secondo posto per ricchezza secondo la classifica di “Forbes”.

lVMH, costituita nel 1923, ha sede a Parigi. L’azienda vende numerosi prodotti di lusso, tra cui champagne, vini, liquori, moda e pelletteria, profumeria, yacht e quotidiani. Insomma, è la trasposizione in un’impresa del principio di diversificazione del portafoglio.