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Al via guerra valutaria Stati Uniti-Giappone?

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NEW YORK (WSI) – Al via una guerra valutaria Usa- Giappone? Una cosa è certa: gli Stati Uniti iniziano a non tollerare piĂą l’insieme di misure lanciate dal premier giapponese Shinzo Abe, note con il termine Abenomics, che al fine di combattere la deflazione nel paese, hanno immesso dallo scorso novembre massicce iniezioni di liquiditĂ , svalutando lo yen a ritmi record.

Nell’ultimo G-20 che si è tenuto a San Pietroburgo, l’America è stata zitta, come sono stati zitti tutti, e nessuno ha voluto dire che il Giappone sta manipolando la propria valuta.

Ma ora 60 senatori americani hanno scritto una lettera al segretario al Tesoro Jack Lew e al deputato Michael Froman, che si occupa di partership commerciali con il Pacifico, chiedendo che “venga affrontato uno dei problemi piĂą gravi del 21esimo secolo: la manipolazione delle valute”.

Tuttavia, l’esperto Richard Koo, economista americano taiwanese che vive in Giappone e responsabile economico presso Nomura Research Institute, fa notare che “il Giappone è l’unico paese ad aver rispettato l’accordo raggiunto nel G20 di emergenza del novembre del 2008, volto a prevenire guerre valutarie. In contrasto, le nazioni occidentali hanno perseguito liberamente l’obiettivo di svalutare le proprie monete: attraverso massicce manovre di quantitative easing, il Regno Unito e la Svizzera sono intervenute direttamente sul mercato valutario”.

“La manipolazione delle valute può negare o ridurre in modo sostenuto i benefici di un accordo basato sul libero commercio e avere un impatto devastante sulle societĂ  americane e sui suoi dipendenti”, hanno scritto i senatori, guidati nella loro crociata anti-yen da Debbie Stabenow, democratica del Michigan e Lindsey Ghaham, repubblicano della Carolina del Sud.

Lo scorso 19 settembre, lo yen è sceso fino a 134,56 contro l’euro, dopo aver testato il valore piĂą basso dal 12 novembre del 2009. E anche l’Europa potrebbe avere problemi, visto che il valore della sua moneta non riflette di certo i fondamentali, che rimangono ancora deboli.