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Agenda Letta: 18 ministri e stop a finanziamento partiti

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ROMA (WSI) – ‘Nei momenti cruciali servono coraggio e fermezza’. Giorgio Napolitano celebra il 25 Aprile al Museo della Liberazione di via Tasso a Roma e pensa al governo di larghe intese che Enrico Letta cerca di formare tra i veti dei partiti.

In città la manifestazione dei Partigiani, alla Camera l’avvio delle consultazioni del presidente incaricato. Prima delegazione ad essere ricevuta, nella Sala del Cavaliere di Montecitorio, quella di Sel. ‘Abbiamo spiegato le ragioni della nostra opposizione a un governo di larghe intese’, ha detto Nichi Vendola al termine dell’incontro, sottolineando che le larghe intese ‘sono la risposta sbagliata al fatto epocale della richiesta di cambiamento’.

In giornata proseguiranno gli incontri. Nel pomeriggio le consultazioni più importanti: alle 16 il Pdl, alle 17 il Pd e infine per ultimi alle ore 18 il Movimento cinque stelle.

LA LEGA ALL’OPPOSIZIONE

La Lega non farà parte del governo Letta. Ad annunciarlo è il segretario del Carroccio, Roberto Maroni, al termine delle consultazioni con il presidente incaricato. “Non entreremo nel governo, non siamo interessati a farlo, abbiamo dato a Letta la nostra agenda, che è l’agenda del Nord: attendiamo di sapere se questi punti saranno quelli del programma di governo, in caso contrario staremo all’opposizione, una opposizione concreta, non ideologica e con un rapporto dialettico che punta a risolvere i problemi”.

BERLUSCONI, FARE GOVERNO PIU’ IMPORTANTE DI CHI LO GUIDA – “Letta? Poco importa chi guiderà questo governo, importante che ci siano un governo e un Parlamento per approvare provvedimenti urgenti; sono molto preoccupato ma, essendo ottimista di natura, continuo ad essere fiducioso e a combattere”. Lo dice Silvio Berlusconi a Tgcom24.

RENZI, ARRIVARE IN FONDO, NON DISERTARE – “Ora arriva il momento nel quale gli auspici devono diventare realtà. Chi ha il coraggio delle proprie azioni deve arrivare in fondo, non deve disertare”. Lo ha detto il sindaco di Firenze Matteo Renzi durante le celebrazioni del 25 aprile a Firenze parlando dell’incarico affidato a Enrico Letta.

VENDOLA CONFERMA OPPOSIZIONE, LARGHE INTESE SBAGLIO– “Abbiamo spiegato le ragioni della nostra opposizione a quello che si preannuncia essere un governo di larghe intese”.

Nichi Vendola al termine dell’incontro con il Presidente del consiglio incaricato Enrico Letta, conferma il no di Sel all’esecutivo sottolineando che le larghe intese “sono la risposta sbagliata al fatto epocale della richiesta di cambiamento”.

“Abbiamo rivolto un augurio sincero di buon lavoro ad Enrico Letta”. Nichi Vendola, nel ribadire che Sel resterà all’opposizione, sottolinea però come non vi sia ‘nessuna ostilita’ nei confronti della persona” del presidente del Consiglio incaricato.

Inoltre, aggiunge, “la nostra opposizione non significa regredire verso forme di populismo”. Anche perché, conclude, se il governo dovesse nascere”, deve dare risposte certe sui temi della cassa integrazione in deroga, degli esodati, della crisi sociale e del negoziato con l’Europa per ridiscutere in radice le politiche di austerity.

“Il Cln era un luogo in cui convivevano diversità straordinariamente lontane e per certi versi inconciliabili. Solo un soggetto non c’era: i fascisti”, Vendola, rispondendo ad una domanda sul 25 aprile al termine delle consultazioni con Enrico Letta, accosta l’antifascismo all’antiberlusconismo. “Ecco, se avessimo dovuto ispirarci a quella esperienza – osserva Vendola – erano altri gli alleati da cercare visto che il nostro tema è uscire dal ciclo del berlusconismo”.

BOCCIA, CHI NON VOTA LA FIDUCIA È FUORI DA PD – “Nessuna minaccia ai colleghi ma ci sono delle regole che vanno rispettate ed è chiaro che chi non dovesse votare la fiducia al governo sarebbe fuori dal partito”. Francesco Boccia, deputato del Pd, interviene a Sky Tg e risponde,senza nominarla, alla senatrice Laura Puppato che stamane- intervistata da ‘La Repubblica’- aveva detto che non se la sentiva di votare la fiducia a fronte della presenza di certi ministri del Pdl nell’esecutivo Letta. (ANSA)
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ROMA (WSI) – Inizia in salita la strada del governo Letta, con il Pdl che “alza l’asticella” (come confida il premier in pectore a un’amico) e vuole Brunetta, Schifani e Gelmini nel governo. Con l’ex presidente del Senato seduto al Viminale al posto della Cancellieri, ‘bocciata’ dal Cavaliere.

L’altra richiesta considerata non negoziabile dal Pdl è la restituzione dell’Imu, promessa in campagna elettorale e duramente contestata da Pier Luigi Bersani.

Letta ieri ha pranzato con Bersani e Franceschini, presente forse anche D’Alema, che però ha smentito. Il Pd cerca così di affrontare il nodo dei rappresentanti del Pdl e di Scelta civica da far entrare al governo: si pensa ai soli Angelino Alfano e Mario Mauro, per poi riempire le altre caselle con profili ‘meno politici’.

Appare quasi certa la presenza nel governo di Tiziano Treu, a cui sono già stati affidati dossier scottanti come occupazione, esodati, cassa integrazione. Ma Letta pensa anche a un’altra mossa “rivoluzionaria” per il suo governo: l’abolizione completa del finanziamento ai partiti, sostituita da contributi privati con forte defiscalizzazione.

L’obiettivo è una compagine da 17-19 ministri. Letta potrebbe pescare anche tra i 10 saggi di Napolitano, a partire da Enrico Giovannini.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Repubblica – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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ROMA (WSI) – «Il totoministri impazzerà con i nomi più improbabili…». Il presidente incaricato Enrico Letta scherza sulle tante voci che circolano sull’esecutivo e, come prevedibile, non fa nomi. L’obiettivo sarebbe quello di chiudere la lista dei ministri, forse 18 di cui 12 con portafoglio, entro sabato, con il nuovo governo che andrebbe alle Camere martedì.

La prudenza sulle candidature è tanta, come è comprensibile, visto che le consultazioni iniziano oggi e fino a ieri sera non era nemmeno sicuro che un esecutivo potesse formarsi. Il Pdl tentenna tra governissimo e elezioni anticipate e, per prendere tempo fino al ritorno di Silvio Berlusconi dagli Usa, solleva dubbi sulla compattezza del Pd.

Una cosa è certa: rispetto all’ipotizzato gabinetto Amato, il governo Letta non ha possibilità di essere tecnico, dunque lo spazio per gli outsider della politica resta confinato a pochissimi dicasteri: l’Economia, la Giustizia, al massimo il Lavoro.

Per il primo si fanno i nomi di Pier Carlo Padoan(Ocse) e Fabrizio Saccomanni (Bankitalia), più difficile sarebbe un ritorno di Giuliano Amato. Alla Giustizia potrebbero andare due tecnici del governo Monti come Paola Severino e Annamaria Cancellieri ma il Pdl non vi ha affatto rinunciato. Per il Lavoro si fa il nome di Carlo Dell’Aringa se il Pd non schierasse Sergio Chiamparino o altri.

Prima di andare oltre è meglio spiegare che il Pdl, qualora accettasse di formare un governo, dovrà anche decidere se impegnarsi fino in fondo, schierando le sue prime linee, o restare ai margini, per sfilarsene se necessario, indicando personalità meno impegnative. Nel primo caso il Pdl non potrebbe rinunciare a vedere nell’esecutivo Angelino Alfano, che però potrebbe restare a reggere il partito, ma anche Renato Schifani e Maurizio Lupi, entrambi in corsa come vicepremier e ministro dell’Interno.

In dubbio invece Gianni Letta sottosegretario alla presidenza del Consiglio, a causa della parentela col nipote Enrico. Quale che sia la scelta,Gaetano Quagliariello resta candidato numero uno alle Riforme.

Dalle prime linee premono gli ex ministri Renato Brunetta, Mariastella Gelmini, Maurizio Sacconi, ma anche figure di primo piano come Daniela Santanchè. D’altra parte queste personalità pur garantendo un forte coinvolgimento del Pdl, tuttavia a Letta apparirebbero legate a un passato di dure contrapposizioni difficili da dimenticare. Perciò si propenderebbe per altri esponenti, puntando a escludere gli ex ministri dell’ultimo governo Berlusconi.

Lo stesso ragionamento vale del resto anche per i candidati del Pd, che però ha anche un altro problema: rappresentare tutte le sue anime assai litigiose. È chiaro che Enrico Letta, se potesse, porterebbe con sé tutta la sua squadra, determinando anche un rinnovamento generazionale: da Francesco Boccia all’Economia e allo Sviluppo ma anche alla presidenza, a Alessia Mosca al Lavoro, a Paola De Micheli all’Agricoltura. Ma dovrà tener conto delle varie sensibilità, prima di tutto di quelle dei maggiorenti come Massimo D’Alema, che resta candidato agli Esteri. E poi ci sono le varie correnti: i bersaniani esprimono Vasco Errani (Affari regionali) e Maria Chiara Carrozza (Istruzione), i renziani Graziano Delrio (Coesione), e poi ci sono i «giovani turchi» con Stefano Fassina (Lavoro) e i franceschiniani con lo stesso Dario Franceschini, in corsa per lo Sviluppo come Chiamparino.

Da Scelta civica poi giungono segnali contrastanti sulla disponibilità del leader Mario Monti, che potrebbe andare agli Esteri ma su cui ci sarebbe il veto del Pdl, mentre restano stabili le quotazioni di Enzo Moavero Milanesi alle Politiche comunitarie. Mario Mauro viene dato quasi certo quale vicepremier ma è candidato anche all’Istruzione, mentre per la Cultura si fa il nome di Ilaria Borletti Buitoni insieme a quello di Luigi Zanda (Pd).

Resta da capire cosa sarà della Lega, che ieri ha aperto su Enrico Letta. Nel caso lo appoggiasse, è già pronto Giancarlo Giorgetti.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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