Economia

Referendum, a rischio rating banche. Per Mps spettro bail-in

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Per il momento i mercati finanziari tengono e le agenzie di rating non prendono decisioni affrettate, ma dopo le dimissioni del primo ministro Matteo Renzi pretendono di avere risposte politiche limpide e in tempi rapidi. L’azionario e obbligazionario italiani (segui live blog) avevano giĂ  scontato la sconfitta del governo nel voto di domenica – data per probabile da bookmaker e sondaggi.

Dopo il no degli italiani alla legge di riforma costituzionale del governo Renzi, e l’addio del primo ministro che apre un periodo di incertezza politica, sono le travagliate banche del paese a essere le osservate speciali sui mercati. Renzi si è dimesso ieri dopo la bruciante sconfitta nel referendum costituzionale.

Il piano di ricapitalizzazione di almeno otto istituti, MPS in primis, ora è a rischio fallimento. La banca più antica del mondo ha varato un aumento di capitale da 5 miliardi di euro, operazione che sarà condotta in settimana e che aveva il sostegno del governo, ma deve ancora trovare gli investitori privati disposti a partecipare con un impegno a lungo termine (i cosiddetti anchor investor).

Rischio declassamento delle agenzie di rating

Da tenere d’occhio nei prossimi giorni saranno i giudizi delle agenzie di rating, che avevano minacciato di abbassare i loro rating sulla qualitĂ  del credito del paese e delle sue banche in caso di instabilitĂ  politica. L’Italia, la terza economia dell’area euro, dovrebbe andare alle elezioni anticipate l’anno prossimo.

Il settore bancario dell’Italia, piĂą ancora delle sue istituzioni, ha bisogno di una riforma significativa. Tra una settimana sarĂ  UniCredit ad annunciare il suo maxi piano di ricapitalizzazione da 10-13 miliardi di euro circa. Nell’ultimo documento sull’iniezione di capitale di Mps, la terza in tre anni per la banca di Siena, veniva citato 30 volte il rischio di bail-in.

La vittoria del fronte del No comporta rischi elevati per il sistema finanziario e dunque costituisce la perfetta “scusa” per la Bce per poter allungare e potenziare la politica ultra espansiva giovedì 8 dicembre e sostenere così i titoli del debito italiani (i cui rendimenti decennali sono saliti intorno al 2,13% prima del voto del 4 dicembre) e allentare le pressioni sull’economia del nostro paese e sul nuovo governo che il parlamento e il Presidente della Repubblica cercheranno di formare nei prossimi giorni.