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Eurozona, ammissione choc della banca delle banche centrali

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Come aveva avvertito in tempi non sospetti l’economista tedesco Hans Werner Sinn, ripreso anche da Wall Street Italia, le transazioni che avvengono sulla piattaforma Target 2 sono una sorta di bailout dell’area periferica dell’Eurozona, un piano di salvataggio mascherato da innocuo sistema pagamenti interbancari che consente ai paesi più deboli di indebitarsi nei confronti di quelli più virtuosi, senza conseguenze nell’immediato.

Nel suo ultimo report trimestrale, gli analisti della Banca dei regolamenti internazionali (BIS nell’acronomo inglese) hanno confermato quello di cui si specula da tempo su queste pagine e quello che Mario Draghi ha ammesso tra le righe un paio di mesi fa, ovvero che la piattaforma Target 2 altro non è che un mezzo a disposizione delll’Eurozona per finanziarie i debiti sovrani dei paesi più deboli senza violare la clausola europea contraria agli aiuti pubblici. La Bce viene accusata di aver portato all’eccesso gli squilibri del sistema di pagamenti tra le banche della regione

A fine gennaio Draghi ha fatto anche lui una tacita ammissione: rispondendo a un’interrogazione parlamentare di due eurodeputati del MoVimento 5 Stelle, il presidente della Bce ha ricordato che se l’Italia dovesse uscire dall’area euro, il debito da saldare con la Bce sarebbe ingente. Bankitalia dovrebbe infatti restituire, fino all’ultimo centesimo, più di 386 miliardi. Secondo i dati mensili sugli aggregati di bilancio di via Nazionale, a fine febbraio le passività del nostro paese sul sistema di pagamento dell’Eurosistema sono aumentate a 386,087 miliardi di euro, rispetto al precedente record di 364,733 miliardi di gennaio. A fine 2016 il debito accumulato era pari a 356,6 miliardi.

In altre parole la Bce riconosce che i sistemi di pagamento Target 2, i cui squilibri sono diventati eccessivi e che in Germania hanno raggiunto i massimi dalla crisi del debito sovrano del 2011-2012, sono un sistema utile per finanziare la fuoriuscita di fondi e capitali dalle nazioni meno virtuose e in maggiori difficoltà finanziarie dell’Eurozona. Come un piano di salvataggio che dovrà essere ripagato nel caso in cui uno Stato membro dovesse decidere di staccarsi dal blocco.

“Nel periodo che ha portato alla crisi di metà 2012, gli squilibri del sistema Target  si sono ampliati in maniera consistente a causa di una fuga di capitali interna in Eurozona, da alcuni paesi ad altri. Allora, le pressioni sul mercato del credito sovrano si sono intensificate, e gli Spread si sono allargati in alcune aree. I capitali privati sono usciti da Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna e Grecia (i cosiddetti Piigs) per parcheggiarsi in posti più sicuri come Germania, Lussemburgo e Olanda”.

Senza Target 2 Eurozona sarebbe collassata

In pratica Raphael Auer e Bilyana Bogdanova, strategist della banca delle banche centrali, ammettono che se non fosse stato per l’ampliamento degli squilibri del sistema Target 2, legato alle paure di un rischio di default di alcuni Stati dell’Eurozona, che ha offerto finanziamenti di soccorso ai paesi che stavano subendo una fuga di capitali, l’area euro sarebbe implosa.

Nel grafico si vede chiaramente come gli squilibri dei sistemi di pagamento Target 2 siano aumentati di pari passo con l’incremento dei prezzi dei Cds, i contratti per assicurarsi contro un eventuale default del debito. I puntini blue nel pannello centrale del grafico A mostrano il legame stretto che intercorre tra il costo dei Cds di Italia, Portogallo e Spagna e l’evoluzione della loro bilancia dei pagamenti Target 2 da gennaio 2008 a settembre 2014.

Quando i premi per detenere credito delle economie sopra citate salivano (ossia quando i Cds aumentavano), la fuga dei capitali privati faceva altrettanto, aumentando il deficit Target 2. Quando invece gli squilibri si sono ridotti dopo che è in Eurozona è tornata la fiducia a metà 2012 grazie alla celebre promessa di Draghi (“Whatever it takes to preserve the euro”), i capitali sono rientrati e i deficit si sono assottigliati.