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Usa in recessione tecnica, mentre cresce attesa per il discorso di Powell a Jackson Hole

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Nel secondo trimestre gli Usa sono finiti in recessione tecnica. Un’ulteriore conferma è arrivata ieri con la diffusione della seconda stima del Pil da parte del dipartimento del Commercio, che ha tuttavia confermato per l‘economia Usa un tasso di contrazione annualizzato dello 0,6%, meno di quanto inizialmente previsto (la prima stima parlava di una contrazione dello 0,9%) e superiore alle attese degli analisti, che scommettevano su un calo dello 0,5%.

Le spese dei consumatori, che rappresentano il 69% dell’economia statunitense, sono aumentate dell’1,5%, dopo il +1% in prima lettura. Il dato Pce sull’inflazione è rimasto stabile al 7,1% rispetto alla prima lettura, così come il dato ‘core’ al 4,4%.

Nonostante la revisione al rialzo, le ultime stime mostrano un’economia in contrazione per due trimestri consecutivi, soglia generalmente considerata un indicatore non ufficiale di recessione (l’arbitro ufficiale è un panel di economisti del National Bureau of Economic Research). Il Pil statunitense si era contratto nei primi tre mesi dell’anno dell’1,6%.

Economisti scettici sulla recessione: ecco perché

Molti economisti, tuttavia, non credono che gli Stati Uniti siano nel mezzo di una recessione. Questo per via di un mercato del lavoro che resta robusto, un aumento dei livelli di spesa, della produzione e del reddito dei consumatori e delle imprese. “Nella prima metà del 2022 c’è stato un grande scollamento tra il Pil reale e altre misure economiche. Il Pil reale è diminuito, ma la crescita dell’occupazione è stata molto forte, il Pil reale è aumentato in modo solido e la produzione industriale è aumentata”, ha affermato Gus Faucher, capo economista presso il gruppo di servizi finanziari PNC.

Che si tratti o meno di una recessione ufficiale, poco importa per la maggior parte degli americani. Gli ultimi mesi sono stati un periodo di inflazione storicamente alta, che non solo ha eroso salari e risparmi, ma anche l’ottimismo degli americani sulla direzione dell’economia.

Negli ultimi mesi, la Federal Reserve ha attuato una serie di aumenti dei tassi di interesse come parte dei suoi sforzi per raffreddare l’inflazione e rallentare la domanda. Resta ora da capire quali saranno le prossime mosse.

Le prossime mosse della Fed

Indicazioni arriveranno probabilmente oggi dal presidente della Fed Jerome Powell, che dovrebbe parlare alla riunione dei banchieri centrali a Jackson Hole, il tradizionale appuntamento di fine estate sulle montagne del Wyoming, in chiusura domani.

Secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo, Powell dovrebbe ribadire l’impegno della Fed a riportare l’inflazione sotto controllo, pur in presenza di rischi verso il basso per la crescita e segnalare che la fase di rialzi di entità ampia non è finita, con un intervento atteso fra 50 e 75 punti base a settembre. I commenti di Powell – continuano gli esperti – dovrebbero sottolineare che, in questa fase di mercato del lavoro ancora sotto pressione e di inflazione elevata, la Fed ritiene preferibile sbagliare con restrizione eccessiva piuttosto che insufficiente, pur notando che la politica monetaria sarà determinata dai dati in uscita. Un altro punto probabilmente toccato da Powell sarà il sentiero dei tassi nel 2023, con probabili segnali di stabilità dei tassi per un certo periodo dopo il picco ciclico, contrariamente alle previsioni del mercato che si aspetta una svolta in tempi brevi nel 2023. Nell’insieme, il messaggio di Powell dovrebbe essere relativamente hawkish.