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Unicredit: la tedesca Commerzbank nel mirino, si torna a parlare di fusione

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La bomba è stata lanciata dal Financial Times secondo cui sulle scrivanie dei board di due grossi istituti bancari europei è rispuntato il dossier M&A: parliamo dell’italiana UniCredit e della tedesca Commerzbank e del progetto fusione per creare il secondo maggior gruppo bancario del Paese.  Lo scrive il FT citando tre fonti direttamente informate della vicenda.

All’inizio del 2022 l’amministratore delegato di UniCredit, Andrea Orcel, aveva in programma una discussione informale su una possibile combinazione della controllata tedesca HypoVereinsbank della banca italiana con il suo omologo di Commerzbank, Manfred Knof.
L’operazione avrebbe dato vita alla seconda banca tedesca con 785 miliardi di euro di attivo, 1.000 filiali e 48.000 dipendenti.
Orcel – scrive Ft – aveva organizzato un incontro all’inizio del 2022 in Germania per discutere la fusione con Knof, ma prima che gli ad potessero sedersi a un tavolo per parlare dei dettagli, Mosca ha invaso l’Ucraina e UniCredit ha dato priorità alla gestione della sua esposizione in Russia. Di un’alleanza UniCredit-Commerzbank, si era già parlato nel 2019, prima del fallito tentativo di integrazione della banca tedesca con Deutsche Bank”, ricorda il Ft.

Fusione UniCredit-Commerzbank ritorna in auge

Secondo il quotidiano economico della City, Unicredit avrebbe acquisito una quota rilevante di Commerzbank per poi fonderla con la controllata tedesca Hypovereinsbank (Hvb).

Il primo a tentarci nel 2001 fu Alessandro Profumo che, con la mediazione dell’ad di Mediobanca Vincenzo Maranghi, ma fallì. Poi all’epoca di Mustier, ex CEO della banca di Piazza Gae Aulenti si era parlato di una grossa operazione transfrontaliera. Poi tutto era andato nel dimenticatoio, complice prima la pandemia Covid e poi la guerra in Ucraina tutt’ora in corso. Il piano di una fusione in Germania pare abbia, però, perso di forza dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il 24 febbraio scorso.  Ma il nuovo CEO della banca Andrea Orcel ha dato qualche indicazione nel corso di un’intervista a Bloomberg TV.

” Unicredit è stata costruita con una visione e la visione doveva essere la banca per l’Europa...  Vogliamo rafforzare la nostra posizione nel nostro perimetro … Se troviamo acquisizioni che abbiano un senso strategico, rafforzano la nostra posizione, accelerano il piano che abbiamo nel singolo Paese o nei segmenti di clientela che abbiamo e ciò può essere fatto a condizioni interessanti, lo faremo”.

Commerzbank: i numeri che piacciono ad Orcel

Commerzbank, banca tedesca partecipata dallo Stato (che ha il 15%), guidata dall’ad, Manfred Knof fa gola ad Orcel anche considerando gli ottimi risultati raggiunti.  Il gruppo difatti ha chiuso il primo trimestre con ricavi in aumento del 12% a 2,795 miliardi e un margine di interesse in miglioramento del 12% a 1,401 miliardi, beneficiando in modo significativo dell’aumento dei tassi di interesse in Polonia, nonchè dell’aumento del volume dei prestiti.
Nel periodo inoltre, continua lo stesso gruppo bancario tedesco, il risultato operativo è salito a 544 milioni (538 milioni nello stesso periodo del 2022) mentre il risultato netto è arrivato a segnare 298 milioni. Il risultato e’ impattato dallo scoppio della guerra in Ucraina che si sono tradotti in accantonamenti per 464 milioni di euro. Confermato l’outlook per il 2022.

I dossier MPS e Banco BPM

UniCredit non è nuova a tentativi di aggregazione negli ultimi mesi. Nell’ottobre scorso è sfumata la trattativa con il Tesoro per la privatizzazione del Montepaschi.

Proprio davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario Andrea Orcel aveva alzato il velo sulle ragioni che hanno portato al fallimento dei negoziati iniziati a luglio dello scorso anno, spiegando perché la banca milanese e lo Stato, che controlla al 64% Mps non si siano trovati sul valore di dell’istituto senese. Il naufragio delle trattative tra Mef e Unicredit per la cessione dei Mps si deve al fatto che “l’ammontare di capitale necessario per l’operazione era più significativo di quanto il Mef si aspettasse e quindi considerato eccessivo”.

Accantonato il dossier MPS, è stata successivamente la volta di Banco BPM. Il terzo gruppo bancario del Paese, con 22.000 dipendenti, 1.400 filiali, 4 milioni di clienti e una raccolta (diretta e indiretta) superiore ai 222 miliardi di euro, da tempo è stata  indicata dagli analisti come possibile preda per Unicredit, in grado di far crescere la banca milanese specialmente nel Nord  Italia e garantire dimensioni analoghe a quelle della rivale Intesa Sanpaolo. Ma poi anche questo dossier è saltato.