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Una vita intelligente verso il 2030

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L’articolo è tratto dal magazine Wall Street Italia di maggio e fa parte del lungo dossier dedicato a come investire la liquidità parcheggiata sui conti correnti dagli italiani

di Daniela Lacava

Era il 2019 e il concetto di vita ‘artificiale’ cercava di farsi largo, anche se un po’ a fatica. L’intelligenza artificiale (più nota con l’acronimo AI: Artificial Intelligence) era forse conosciuta ai più per gli assistenti vocali, ed era già entrata nelle case rendendole più smart grazie agli speaker di Google, Apple e Amazon, e aveva rivoluzionato i McDonald’s grazie ai menù capaci di cambiare in funzione delle condizioni meteo. Erano gli anni del debutto delle reti di nuova generazione, con i servizi in 5G, e degli umanoidi in stile ‘Sophia robot’, programmati per provare sentimenti, avere gusti personali, e capaci anche di ricordare e imparare facendo tesoro dall’esperienza vissuta. Alla base di tutto, oggi come allora, gli algoritmi.

 

 

Certo, l’adozione da parte delle aziende di soluzioni basate su big data e advanced machine learning, che sono alla base dell’AI, procedeva a rilento, soprattutto in Europa. Era una tecnologia osservata con una doppia lente: da una parte con il timore che sottraesse il lavoro all’uomo, e dall’altra con una forte componente di ottimismo per i potenziali impatti sull’economia globale. In quegli anni, gli esperti di PwC definivano l’Intelligenza Artificiale un “game changer”, capace di rivoluzionare le modalità di gestione del business, e pronosticavano che il contributo potenziale dell’AI sull’economia globale sarebbe stato di 15.700 miliardi di dollari entro il 2030.

 

A distanza di un decennio, camminando per strada, è possibile rendersi conto come oggi le potenzialità delle macchine intelligenti vivano in molti oggetti o facciano ormai parte della nostra quotidianità. Dal mondo agricolo a quello finanziario, dalla musica al design: la lista dei campi di applicazione è lunga. Le piante di basilico per fare il pesto non temono più i cambi climatici grazie a un algoritmo di apprendimento automatico, che raccoglie informazioni, decifra milioni di dati per ottenere la migliore ‘ricetta climatica’. Un meccanismo che vale per tutte le piante e i fiori.

Anche le case sono cambiate: le macchine progettano oggetti comodi, ma al tempo stesso permettono di risparmiare in termini di materiale utilizzato e di energia.

L’AI si è fatta largo anche nelle ‘vecchie stanze dei bottoni’: da qualche anno una macchina fa parte di un consiglio di amministrazione aziendale, e anche le attività di revisione contabile vengono gestite da questo tipo di tecnologia. Uno scenario profondamente mutato rispetto a dieci anni fa, ma che vede ancora la Cina e gli States guidare la corsa all’AI, come anticipavano molti report di quel tempo.

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