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Texani delusi dall’oro nero. Cresce febbre per l’olio di oliva

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ROMA (WSI) – Basta petrolio, meglio puntare su un asset più redditizio: l’olio di oliva.

I texani scoprono un nuovo modo per arricchirsi ed esplode la “febbre dell’olio di oliva”, in un momento in cui il tonfo dei prezzi del greggio porta a chiedersi se convenga ancora scommettere sull’oro nero.

Stando a quanto riporta Bloomberg, sono 70 i contadini texani – rispetto ai 24 del 2008 – che sperano di far soldi in questo nuovo modo, tanto che è attivo da tempo il “Texas Olive Oil Council” (Consiglio per l’olio di oliva in Texas), secondo cui nel 2013 sono stati piantati fino a 500.000 ulivi (in rialzo dagli 80.000 del 2008).

La commissione prevede che entro la fine del 2015 saranno piantati altri due milioni di alberi.

Il Texas non è certo conosciuto per essere un paese produttore di olive, e fino a venti anni fa non c’era nessun ulivo. L’idea di piantare gli alberi venne ad alcuni contadini alla fine degli anni ’90, dal momento che il clima dell’area centrale e meridionale del Texas si adatta bene alla pianta mediterranea.

Gli Stati Uniti sono tra i maggiori consumatori di olio di oliva: il 97% circa dell’olio utilizzato viene importato dall’estero, in primo luogo dall’Italia e dalla Spagna, stando all’American Olive Oil Producers Association.

Secondo quanto riportato dal dipartimento Usa di agricoltura, lo scorso anno gli Usa hanno importato olio di oliva per un ammontare di $1,1 miliardi, in crescita rispetto ai $400 milioni del 2000.

Lo stato della California rimane il produttore dominante di olio di oliva americano, incidendo per la quasi intera produzione domestica. L’anno scorso ha prodotto 3,5 milioni di galloni circa di olio.

Il Texas ne produce meno di 15.000 galloni l’anno, una cifra decisamente irrisoria. (Lna)

Fonte

Bloomberg