Economia

Tapering delle banche centrali: che cos’è e come funziona

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Il ritorno dell’inflazione negli Stati Uniti, che nel mese di maggio ha raggiunto un tasso del 5% annuo, ha riacceso l’attenzione su quali saranno le prossime mosse della Federal Reserve per tenere sotto controllo l’aumento dei prezzi e tra le opzioni c’è anche il tapering. Ma di cosa si tratta? Cercheremo di spiegarlo nel modo più semplice possibile.

Il termine “tapering” giunge in eredità dalla Crisi Finanziaria. La parola significa “assottigliamento” e, nel lessico della Federal Reserve allora guidata da Ben Bernanke, ad assottigliarsi è, in particolare, il programma di acquisti di titoli noto come Quantitative easing. Tramite l’acquisto di titoli obbligazionari, in particolare Buoni del Tesoro Usa e mortgage-backed securities, la Fed accresce la liquidità in circolazione (e, così facendo, anche il suo bilancio).

Infatti, i tassi d’interesse vicini allo zero e gli acquisti di titoli da parte della banca centrale, incoraggiano il credito e, di conseguenza, consumi e investimenti.
Il che è del tutto appropriato quando, per qualche ragione, consumi e investimenti sono paralizzati. A un certo punto, però, questo stimolo monetario può contribuire a un aumento dei prezzi ritenuto eccessivo. Lo ricordiamo: nel caso statunitense, la media che la Fed intende mantenere si attesta a un’inflazione del 2%.

Tapering, gli effetti sulle obbligazioni e titoli di Stato

Il “tapering” è, al contrario, il processo di normalizzazione della politica monetaria, durante il quale il volume degli acquisti di titoli si riduce e, con esso, anche l’iniezione di liquidità di nuova emissione.
La banca centrale procede al tapering quando la fase di crisi si ritiene superata e si rende necessario, viceversa, un intervento per contrastare l’inflazione. L’effetto del tapering sui mercati è provocare un aumento dei rendimenti dei titoli obbligazionario penalizzando così il prezzo dei bond.

Ora che negli Stati Uniti il tasso d’inflazione si è portato ben al di sopra del 2%, si attende di sapere quando, e in quale misura, gli stimoli monetari realizzati dal quantitative easing con l’acquisto di titoli di Stato verranno ridotti.
A differenza della Bce, il mandato della Fed include anche l’obiettivo della piena occupazione e ammette (da meno di un anno) il temporaneo superamento della soglia del 2% d’inflazione senza che questo indichi l’immediata necessità di provvedimenti.

Attualmente il Quantitative easing della Federal Reserve prevede l’acquisto netto mensile di Buoni del Tesoro Usa per 80 miliardi di dollari e di mortgage-backed securities commerciali e residenziali per 40 miliardi di dollari. Il percorso dei tassi d’interesse, inoltre, viene anticipato dalla cosiddetta forward guidance, che (alla vigilia del meeting del 16 giugno) afferma che i tassi resteranno bassi “finché le condizioni del mercato del lavoro non avranno raggiunto un livello compatibile con la piena occupazione stabilita dal Comitato [Fomc] e fintantoché l’inflazione non sarà salita al 2% e avviata a eccedere moderatamente il 2% per qualche tempo”.

Il taper tantrum, la “reazione avversa” dei mercati

Con l’annuncio di una fase di tapering la banca centrale influenza le aspettative degli investitori sul futuro. Se l’inasprimento della politica monetaria viene giudicato come prematuro, con possibili ripercussioni negative sull’economia, i mercati possono lanciare alcuni segnali di sfiducia. Nel 2013 la Fed di Ben Bernanke si trovò in questa condizione di impasse, poiché il mero annuncio di un tapering in momento imprecisato del futuro fu sufficiente a provocare un forte aumento dei rendimenti dei Buoni del Tesoro Usa (e a far desistere la Fed). Il fenomeno fu battezzato dalla stampa come “taper tantrum” (la “collera” motivata dal “tapering”) ed è sintomatico della crescente dipendenza delle scelte degli investitori rispetto alle politiche delle banche centrali.