Economia

Svizzera: sì a referendum. Ben presto 2.500 franchi per ogni cittadino?

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ROMA (WSI) – La data del referendum sul reddito minimo è stata decisa. Il governo della Svizzera l’ha fissata al prossimo 5 giugno. Potrebbe essere un giorno epocale per il paese. E già lo è, dal momento che la Svizzera è il primo paese al mondo in cui i cittadini saranno chiamati ad approvare o a bocciare la creazione di un sistema che garantisca uno stipendio a tutti, pari a 2.500 franchi svizzeri al mese. I bambini, anche, percepirebbero ogni mese 625 franchi svizzeri ciascuno.

La proposta, lanciata da un gruppo di intellettuali, ha ricevuto un numero di firme tali da portare il governo svizzero a indire un referendum nazionale.

Il dubbio è sempre lo stesso: con il percepimento di una tale somma, un eventuale successo del referendum decreterebbe la morte del lavoro?

I sostenitori, soprattutto intellettuali, artisti e scrittori svizzeri, ritengono che il piano abbia l’obiettivo di porre fine al legame tra occupazione e reddito, e rispondono le preoccupazioni di chi teme il progetto, sottolineando che gli svizzeri non smetterebbero di lavorare, né cesserebbero, nel caso in cui fossero disoccupati, di cercare una occupazione.

Di fatto, un recente sondaggio ha confermato la loro tesi, rendendo noto che solo il 2% considererebbe seriamente l’idea di dire addio al lavoro.

Nel caso in cui il referendum passasse, l’iniziativa costerebbe alla Svizzera quasi 208 miliardi di franchi svizzeri l’anno. Più della metà della somma verrebbe raccolta attingendo alle tasse, mentre il resto verrebbe erogato dal sistema svizzero di assistenza sociale.

E’ da tempo che si discute, e non solo in Svizzera, dell’importanza di assegnare a ciascun cittadino un reddito minimo, che possa garantirgli almeno i mezzi per sopravvivere. La questione è quanto mai attuale in Finlandia, sprofondata in una grande depressione a causa dell’austerity imposta dall’Eurozona. In questo caso l’idea è quella di erogare 800 euro al mese sotto forma di reddito universale a tutti i cittadini maggiorenni. Gli 800 euro, hanno affermato le autorità finalndesi, sarebbero esonerati dalle tasse.

C’è poi un altro paese dell’ Unione europea che sarebbe disposto a garantire un reddito minimo di 900 euro a tutti.

Vengono in mente le parole proferite da Thomas Paine, tra i padri fondatori degli Stati Uniti d’America, che disse che tutti hanno il diritto di condividere un contesto di prosperità generale. Paine riteneva che lo Stato avrebbe dovuto versare a favore di ogni cittadino un bonus, probabilmente al compimento del 21esimo anno di età.

In questo modo, a suo avviso, sarebbero state ridotte in modo considerevole le “distinzioni oltraggiose”, a suo dire, tra i ricchi e i poveri.

Un precedente che ebbe successo venne condotto in Nord America, precisamente in Canada a Dauphin, nella provincia di Manitoba, negli anni ’70 .

Per 4 anni gli abitanti più poveri ricevettero un assegno mensile. Gli effetti di quell’esperimento, chiamato “mincome”, sono stati spiegati da Evelyn Forget, esperta in scienze sociali, secondo cui sembra che in quel periodo gli effetti della povertà iniziarono a scomparire. Chi ricevette il reddito minimo a Dauphin non fu meno motivato a lavorare rispetto a prima.

In Canada la proposta del reddito minimo vide in primo piano sostenitori come Milton Friedman, economista statunitense e leader del partito conservatore canadese, e altri da Robert Stanfield a Hugh Segal.