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Sopaf verso il default: confermata istanza di fallimento

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Milano – Nella vana speranza di trovare un cavaliere bianco disposto a portarla in salvo, le possibilita’ di un default di Sopaf sono aumentate e ora si attende solo la decisione del Tribunale.

Dopo il fallimento di due piani di ristrutturazione di un debito arrivato a toccare i 100 milioni di euro, nei giorni scorsi gli istituti finanziatori guidati da Unicredit, capofila di un pool costituito tra gli altri da Banca Popolare di Milano, MPS e Banca Popolare di Sondrio, hanno presentato istanza di fallimento presso il tribunale di Milano per 19 milioni di euro.

Nelle ultime 52 settimane fa i titoli hanno perso oltre l’88% e ora valgono una manciata di centesimi, scambiando in area 0,0077 euro. I ricavi sono calati dell’11% nell’ultimo trimestre (su base annuale).

Unicredit per voce dell’AD Ghizzoni aveva precisato una settimana fa che non c’erano proposte alternative al fallimento del gruppo di investimento e che la banca era pronta a esaminare qualunque opzione concreta. L’istanza di fallimento e’ partita da Piazza Cordusio in qualita’ di banca agente a nome di tutti i creditori.

Nelle pratiche di fallimento il giudice assegna di solito un termine – tra i due e i quattro mesi – per presentare un piano di ristrutturazione. E’ durante questo lasso di tempo che la famiglia Magnoni – che comunque si e’ detta pronta a fare la sua parte di sacrifici – cerchera’ di trovare un salvatore.

L’AD della storica societa’ milanese Giorgio Magnoni ha fatto sapere che i contatti avuti con potenziali controparti sono stati solo preliminari e che quindi l’opzione piu’ probabile per la societa’ resta quella del concordato liquidatorio.

Opzione che sarebbe la piu’ vantaggiosa per obbligazionisti e risparmiatori, che si devono rassegnare a perdere gli interessi maturati e che nella migliore delle ipotesi potrebbero strappare un recupero del 20-30% tramite un’offerta di scambio con nuovi titoli e/o azioni.

Il destino della holding fondata trent’anni fa da Jody Vender, uno dei pionieri del private equity che capitalizzava 300 milioni di euro e ora ne vale meno di 3, verra’ deciso dai giudici della Procura di Milano, sulla base del nuovo piano industriale che i Magnoni si apprestano a presentare al tribunale fallimentare, dopo il via libera del cda, per trovare una via alternativa alla liquidazione della holding, una soluzione in continuite’ e che possa soddisfare i creditori. Secondo indiscrezioni di stampa, due fondi di private equity, ovvero Atlantis Capital e Methorios Capital, starebbero esaminando il dossier, ma il tempo stringe.

Dopo il fallimento del piano industriale di Sopaf, il colpo di grazia e’ stata la liquidazione di Banca Network, una delle ultime disgraziate avventure dei Magnoni. L’istituto e’ finito in liquidazione coatta amministrativa lo scorso 16 luglio senza nemmeno i soldi in cassa per rimborsare 30.000 clienti a cui erano stati bloccati i conti correnti.

Come scrive il sito di finanza ed economia Investire Oggi, “posto che gli azionisti rischiano di perdere tutto (l’azione vale meno di un centesimo), per gli obbligazionisti le cose stanno un pochino meglio, ma non tanto. I titoli “Sopaf 2007-2015 convertibile 3,875%” (Isin: IT0004227150) e “Sopaf 2011-2015 convertibile 9%” (Isin: IT0004762362) sono ormai in default dal 9 settembre e contestualmente – come reso noto dalla stessa Sopaf – sono pervenute all’emittente diverse richieste di rimborso anticipato, come previsto dal regolamento, che però, per ovvie ragioni, non potranno essere soddisfatte a pieno titolo”.

Tutto dipenderà da quanto deciderà il Tribunale fallimentare di Milano: se la messa in liquidazione della holding, come chiesto da Unicredit o il concordato preventivo in continuità secondo la nuova legge fallimentare, come vorrebbero i Magnoni. In ogni caso i detentori dei bond non recupereranno il 100% del valore nominale e perderanno gli interessi maturati, contrariamente a quanto dichiarato recentemente da giorgio Magnoni prevedendo addirittura la restituzione integrale dei prestiti obbligazionari.

E’ del tutto evidente – commenta a Investire Oggi un noto avvocato romano che segue la vicenda e ha gia’ raccolto alcune deleghe per conto di decine di obbligazionisti – che, stante il groviglio di debiti accumulati dalla holding nel tempo e le indagini avviate dalla Procura di Milano su Sopaf e Banca Network che potrebbero aggravare la situazione debitoria, “e’ impossibile giungere a un recovery totale del credito. Se poi questi non hanno nemmeno i soldi per pagare gli interessi maturati sui bond, la situaizone è a dir poco allarmante”.

Se nello scenario peggiore si procedera’ al default, nella migliore delle ipotesi si potrebbe arrivare a un recupero del 20-30% tramite un’offerta di scambio con nuovi titoli e/o azioni. Nell’incertezza, il mercato adesso prezza le convertibili fra l’10% e il 15% fra scambi esigui.