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Riforma fiscale, quanto si potrebbe risparmiare? Dalle nuove aliquote IRPEF all’abolizione dell’IRAP

Nel pieno della Manovra di Bilancio, il Governo torna a valutare il margine d’azione per la Riforma dell’IRPEF, la principale tassa nazionale. Con la Delega fiscale, approvata dal Parlamento prima della pausa estiva, il Governo Meloni può procedere a riformare il peso del tributo, col quale vengono finanziati i principali servizi pubblici (scuola, sanità, previdenza…). Cavallo di battaglia fin dalle elezioni, la riforma dell’imposta sui redditi delle persone dovrebbe anche garantire ulteriori detrazioni e agevolazioni per le famiglie e i lavoratori più in difficoltà.

Qualsiasi modifica andrà a colpire non solo la pressione fiscale, ad oggi tra le più alte in Europa, ma anche il gettito stesso. Per le famiglie sarà una fonte di risparmio annuo, mentre per il Governo saranno necessarie ulteriori coperture per garantire i servizi.

Non sarà un calcolo facile, perché oltre a voler introdurre delle nuove aliquote in favore dei redditi medio-bassi, si punta ad abolire anche alcune imposte, come l’IRAP. D’altro canto, lo stesso Governo vuole anche rendere l’azione del Fisco più veloce e semplificato, così da compensare le coperture a carico dello Stato con una maggior disponibilità di risorse derivanti dalle riscossioni delle cartelle esattoriali.

Riforma IRPEF, quanto si risparmia con le nuove aliquote

Con oltre 40 milioni di contribuenti che risiedono in Italia o all’estero con reddito da lavoro così come da rendite tramite capitali, terreni o fabbricati di proprietà, la riforma dell’IRPEF potrebbe davvero fare la differenza per tutti i contribuenti. E così anche per le casse dello Stato, visto che si sta andando ad una progressiva riduzione del gettito. La proposta del Governo Meloni è quella di passare da un regime IRPEF a 4 aliquote (quelle disposte dalla riforma Draghi del 2022) ad uno a 3 aliquote, inglobando la prima e seconda aliquota odierna in una al 23%. Si andrebbe così ad avere:

  • il 23% per i redditi fino a 28.000 euro;
  • il 33% per i redditi tra i 28.000 e i 50.000 euro;
  • il 43% per i redditi oltre i 50.000 euro.

Si tratterebbe di un notevole taglio per le prime fasce, che passerebbero dal 28% al 23%, e così quelle in mezzo, prima ferme al 38%. Per le famiglie infatti si stima, secondo una simulazione elaborata dai Consulenti del lavoro, un risparmio annuo di:

  • 100 euro per i redditi fino a 20.000 euro;
  • 400 euro per i redditi fino a 35.000 euro;
  • 700 euro per i redditi fino a 50-60.000 euro.

E questo senza aggiungere le deduzioni fiscali che lo stesso Governo vorrebbe modificare per le famiglie e i lavoratori in difficoltà, come quelle relative alle spese sanitarie e all’affitto, oltre a quelle per i bonus per i lavori di casa quali superbonus ed ecobonus. Una serie di progetti che però potrebbe non essere fattibile almeno per una sola sessione di Manovra: si prevedono infatti coperture tra i 3 e 4 miliardi, che dovranno coprire anche gli oneri derivanti dal taglio del cuneo fiscale per i lavoratori con redditi fino a 35.000 euro.

L’incognita dell’abolizione dell’IRAP

Introdotta nel 1997, l’IRAP ha subìto diverse modifiche nel corso degli anni, ma tutte inefficaci per renderla più flessibile nei confronti delle Attività Produttive. Fin dalla Legge di Bilancio 2022 si è valutata la sua abolizione, che consentirebbe alle aziende di risparmiare alla fine dell’anno non pochi soldi, circa il 3,9% del proprio fatturato annuo. Ma di dover trovare in corso d’anno almeno 30 miliardi di euro, quasi tutti destinati al Sistema Sanitario Nazionale. Data la cifra praticamente al pari di una manovra finanziaria, sembrerebbe sempre più plausibile una sua abolizione graduale, così da permettere la ricerca di coperture più fattibili.

Seguendo le disposizioni della Delega Fiscale, il Governo converrà procedere con gradualità, modificando l’obbligo del versamento dell’IRAP a sempre più categorie societarie. Come accaduto nel 2022 con le nuove agevolazioni per le società di persone e le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni. Ma il superamento in questione non riguarda una vera e propria abolizione, ma l’istituzione di una sovrimposta. Non si potrà procedere all’abolizione dell’IRAP se ciò porterà alla riduzione del carico fiscale, e quindi del gettito per le Regioni.

Perché sia quindi fattibile l’abolizione dell’IRAP il Governo dovrebbe trovare una soluzione fiscale che garantisca ai servizi sanitari regionali lo stesso gettito annuo, e alle aziende un risparmio annuo fiscale. Un’impresa ai limiti dell’impossibile, dal momento che non è possibile nemmeno aumentare la tassazione su soggetti diversi dalle società (è fatto divieto fare compensazioni sui redditi di lavoro dipendente e pensioni), né privare delle regioni di decine di miliardi di euro, soprattutto a quelle in difficoltà come Campania e Molise. Su quest’ambito, però, la legge di delega di riforma fiscale concede al Governo 24 mesi per attuare le varie parti della stessa.

Riforma IRPEF e fisco più veloce: le nuove procedure di riscossione

Come potenziale supporto alle coperture previste dalla Riforma dell’IRPEF, sono previste una serie di modifiche per quanto riguarda la riscossione. Lo Stato si ritrova ad oggi con oltre 1.600 miliardi di euro di cartelle esattoriali non riscosse, la metà dei quali di fatto assolutamente non riscuotibili. Una montagna di soldi necessaria per garantire la copertura fiscale dei servizi davanti ai tagli del cuneo e delle aliquote proposte. Con l’articolo 18 della Legge Delega, il Governo dovrà emanare entro 2 anni dei decreti legislativi per incrementare l’efficienza dei sistemi della riscossione, dei tributi sia nazionali che locali.

Tutto dovrà fondarsi sulla semplificazione delle procedure, e all’automatizzazione. Tra le novità in arrivo per la riscossione segnaliamo il riaffidamento delle somme cadute in discarico, cioè dopo 5 anni dall’affidamento, nel caso vengano fuori nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali. A questo si aggiungono anche le modifiche alle condizioni di accesso ai piani di rateazione, in vista della stabilizzazione a 120 del numero massimo delle rate, e il potenziamento della riscossione coattiva così da ridurre i tempi per l’avvio delle azioni cautelari ed esecutive. Centrale sarà anche il nuovo modello organizzativo del sistema nazionale della riscossione, in modo da eliminare l’attuale separazione tra l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione.

Già negli ultimi mesi il Governo ha fatto sua l’intenzione di proseguire nella guerra contro le partite IVA apri-e-chiudi, un fenomeno di evasione fiscale stimato attorno ai 2 miliardi di euro. Decisive sono state l’introduzione della chiusura d’ufficio delle Partite IVA con profili di grave e/o sistematica evasione e di inadempimento degli obblighi fiscali, e l’innalzamento delle sanzioni e della quota in fideiussione per la riapertura successiva all’accertamento e alla chiusura d’ufficio.

Ma il Governo dovrà procedere velocemente su tutti questi punti, soprattutto in vista delle 1.500 scadenze in arrivo per i contribuenti. Al momento la Riforma IRPEF è ad uno stallo dovuto alle coperture da individuare, al punto da mettere in sospensione la proposta del bonus benzina. E a rendere sempre più decisivo il gettito previsto dalla tassa sugli extraprofitti bancari. Per il momento, l’Esecutivo vorrebbe puntare sul concentrarsi nella riduzione del peso fiscale in alcune date del calendario, addirittura suddividendo gli acconti di novembre in rate, con un limite massimo di 500mila euro. Potrebbe così permettere a Partite IVA e aziende di provvedere agli oneri, e allo Stato di incamerare più soldi.