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Retrocessioni ai consulenti finanziari: ecco quanto pesano in Italia

Il tema delle retrocessioni ai consulenti finanziari da parte delle case di investimento ha ri-animato le discussioni tra gli operatori dell’industria del risparmio gestito (quindi istituzioni di settore, asset manager e consulenti finanziari, sia indipendenti che con mandato) a partire dall’inizio di quest’anno, dopo che la commissaria UE per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness, ha tolto il velo dal provvedimento Retail Investment Strategy a cui starebbe lavorando la Commissione europea. La proposta innoverebbe la consulenza finanziaria, introducendo un potenziale divieto sulle retrocessioni, ossia le commissioni pagate da banche e reti di consulenza ai consulenti finanziari che vendono i loro prodotti.

Ma, dopo la fumata nera dello scorso marzo, la Commissione UE ha deciso per ora di accantonare le proposte sul divieto di retrocessioni, non solo perché la volontà di Bruxelles è stata osteggiata dai maggiori Stati UE (in primis dalla Germania) e da banche, assicurazioni e fondi, ma anche perché un approccio più morbido e intermedio, che prevede una maggior trasparenza sul pagamento degli incentivi in modo che i clienti ne siano più consapevoli, sembra la via più facilmente percorribile e con meno vittime da sacrificare.

Non è stato invece accantonato il tema di discussione durante l’ultimo Salone del Risparmio 2023 che, già nella prima giornata, ha visto le retrocessioni protagoniste della conferenza “Dalla parte del cliente, la Retail Investment Strategy sotto la lente”. Nel dettaglio Andrea Beltramello, Member of Cabinet of Executive Vice-President Valdis Dombrovskis at European Commission, ha confermato che nella Retail Investment Strategy in pubblicazione non sarà presente un divieto agli inducements e che la Commissione UE sta valutando come rafforzare le norme a tutela dei consumatori in relazione a costi e oneri per assicurare, in particolare, che l’attività di consulenza sia sempre effettuata nell’esclusivo interesse dei consumatori.

Le discussioni in merito al divieto di incentivi (o inducements) proposto dall’UE hanno tenuto banco anche durante la conferenza a cura di EY “Inducements e innovazione dei modelli distributivi: esperienze e scenari nei principali mercati europei”.
EY ha presentato al Salone del Risparmio l’indagine che ha realizzato a livello europeo per analizzare come sta accelerando lo sviluppo di nuovi modelli di servizio, di distribuzione e di ricavi da parte dei wealth manager. Questa evoluzione è stata sondata ad oggi e, in prospettiva, a 3 anni, anche in considerazione di quanto avvenuto in Gran Bretagna e in Olanda dove il divieto di incentivi è realtà già da alcuni anni.

Revenue model e retrocessioni

In relazione alla remunerazione, gli inducements hanno pesi diversi nei vari Paesi. La loro possibile abolizione avrebbe un impatto significativo sul mercato italiano, dato che oggi essi costituiscono ben il 62% dei ricavi da servizi d’investimento. In altri Paesi come Germania e Lussemburgo gli incentivi sono meno rilevanti ed è la gestione patrimoniale ad avere il peso maggiore (rispettivamente 62% e 41%). Il mercato norvegese, pur in assenza del divieto di incentivi, ha sviluppato una significativa presenza (36%) di piattaforme e relativa remunerazione. 

Nello scenario a 3 anni, il peso delle retrocessioni è destinato complessivamente a diminuire. La consulenza a pagamento, soprattutto nella formula della fee only, è destinata a crescere nei mercati dove oggi è meno presente, come i Paesi nordici e l’Italia, dove passerà dal 9% odierno al 21%. Inoltre, in quasi tutti i Paesi si prevede un aumento dei ricavi da gestione patrimoniale, il cui valore può essere meglio percepito dal cliente ed è quindi più facilmente prezzabile.

A livello di offerta, se in Italia molte banche offrono consulenza non remunerata ai propri clienti retail (83%), in molti mercati europei questo tipo di consulenza è stata esclusa dal listino a favore di servizi in fee over/only. Nei prossimi anni gli operatori europei tenderanno sempre più a diversificare offerta e modelli di ricavo tra consulenza a pagamento e gestione patrimoniale, anche in considerazione dei diversi segmenti di clientela.

Service model

Il modello di servizio è la chiave per comunicare il valore ai clienti e per il pricing dei relativi servizi. Dall’indagine EY emerge che oggi i servizi offerti e ritenuti a valore aggiunto in ottica di consulenza avanzata sono quelli complementari di wealth planning e di reportistica. 

Lo scenario di domani sarà fortemente influenzato dalla tecnologia: aumenterà il peso dei motori di allocazione per supportare i banker con proposte argomentate e quello di strumenti di intelligenza artificiale conversazionale per i servizi di RoboAdvice. Inoltre, in tutti i Paesi europei gli intermediari si attendono di investire molto in formazione non solo dei banker, ma anche dei clienti stessi per aiutarli ad essere maggiormente consapevoli. Proprio l’educazione finanziaria menzionata da Beltramello.

In tema di canali di distribuzione, in tutta Europa il canale principale resta quello della portafogliazione dei clienti su un canale fisico (70%), ma con utilizzo di canali digitali di esecuzione, mentre il trend del Remote Advisory sembra essere quello con maggiori possibilità di crescita futura per quasi tutti i player intervistati.

Distribution model

In tema di modelli distributivi, in Italia è in corso uno spostamento dei sottostanti delle gestioni verso il mondo degli ETF, mentre negli altri Paesi europei le gestioni patrimoniali resteranno più orientate al mondo fondi.

Riguardo alla consulenza, invece, a livello europeo ci si attende che i fondi resteranno il principale sottostante dei portafogli raccomandati, anche in relazione all’importanza della gestione attiva, ma con una crescita dei fondi di terzi per le realtà con architettura aperta.

L’Italia (con Lussemburgo e Olanda) è infine uno dei Paesi in cui le banche lavorano con un numero più ampio di asset manager (oltre 25), anche per ampliare la diversificazione della gamma di prodotti. Altri Paesi europei, come Germania, Irlanda e Paesi nordici, hanno consolidato modelli di relazione con un numero di controparti tra 10 e 20. Per il futuro si prevede una razionalizzazione del numero di controparti attraverso il raggiungimento di maggiore efficienza operativa e la standardizzazione dei processi di distribuzione e di monitoraggio prodotti.

A proposito delle innovazioni e delle sfide future, Giovanni Andrea Incarnato, EY Italy wealth & asset management sector leader, commenta:

“Dalla nostra indagine emerge che in futuro i wealth manager porranno sempre maggiore attenzione al repricing dei servizi: chi oggi non ha consulenza a pagamento la introdurrà, chi invece l’ha già a listino evolverà i modelli di pricing in modo significativo. In tema di servizi, oltre al rafforzamento della gestione destinata alla clientela retail, le banche si aspettano di utilizzare la tecnologia per evolvere i servizi di consulenza e completare l’offerta, mentre, dal punto di vista della catena di distribuzione emergono due tendenze principali: lo sviluppo di nuovi canali digitali per i clienti chiave e una maggiore integrazione all’interno dei gruppi tra Asset Management e distribuzione, al fine di consolidare modelli di distribuzione più efficienti in ottica di cost to serve”.