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Rating: Italia declassata anche su “standard etici”

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Mentre i mercati seguono con apprensione il possibile declassamento sul merito di credito del debito pubblico italiano, anche le prospettive degli “standard etici” hanno subito un deterioramento. L’agenzia di rating che si occupa di questo genere di valutazioni è la Standard Ethics, società con base a Londra attenta valutare l’aderenza dell’azione di governo con i principi sanciti dalle Nazioni Unite.

La società, nonostante gli sforzi di equità sociale che il governo sta cercando di materializzare sotto la forma del reddito di cittadinanza, ha deciso di abbassare l’outlook a “negativo”. Il rating dell’Italia resta, per ora, EE+, ovvero “molto forte” secondo la scala che la vede due gradini sotto il massimo.

A preoccupare gli osservatori di Standard Ethics sono le questioni legate all’immigrazione, al deterioramento del linguaggio della politica, fino ad arrivare allo stesso reddito di cittadinanza, le cui limitazioni presuppongono giudizi morali del governo sulle spese dei percettori.

“Le nuove politiche del governo italiano in materia sociale, economica e di immigrazione, alcune delle quali solo annunciate, porteranno a una revisione del Rating italiano”, esordisce il comunicato di Standard Ethics. “Il deterioramento inaspettato della linguaggio adottato nelle dichiarazioni del governo italiano nei confronti delle istituzioni europee genera preoccupazioni”.

L’agenzia, successivamente, entra nel dettaglio della misura che, nelle intenzioni dovrebbe perseguire maggior equità:

“Standard Ethics esprime forti riserve sulla proposta avanzata dal governo italiano di fornire una forma di indennità di disoccupazione (“Reddito di cittadinanza”) che, tuttavia, potrebbe essere utilizzata solo per spese precedentemente autorizzate dal Governo sulla base di giudizi ‘morali’. Questa proposta, nella sua attuale formulazione, fa presagire un’alterazione dei diritti individuali e può essere considerata l’inizio di una sorta di potere pubblico ‘etico’ che non è compatibile con i valori dell’Ue. Questo approccio sembra andare contro la Costituzione italiana: l’articolo 3 della sancisce che nessun cittadino può essere privato di alcun diritto sulla base di differenti condizioni sociali e personali”.

Quest’ultimo appunto vuole stigmatizzare la scelta di affidare il sussidio solo ai cittadini italiani e agli stranieri soggiornanti in Italia da almeno 10 anni.