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Private banking: generazione millennials all’attacco

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di Benedetta Gandolfi

Gli individui nati tra il 1980 e il 2000 stanno spingendo i wealth manager a puntare su soluzioni nsiorsonalizzate, sempre più digitali, e servizi ad alto valore aggiunto. Una sfida complessa

I millennials sono destinati a emergere. Sia come forza decisiva sul piano economico, sociale e politico, sia come nuova tipologia di clienti per i grandi gestori di portafoglio. Con una popolazione mondiale composta per il 50% da persone di età inferiore a 30 anni, questa generazione sta diventando una forza influente in tutto il mondo. Per questa ragione le case di gestione si stanno ingegnando per capire quali prodotti e servizi offrire a una generazione che, molto spesso, preferisce i prodotti passivi e che, sull’onda di una tecnologia sempre più spinta, ha la tendenza a fare da sé avendo a disposizione strumenti digitali molto evoluti.

Cosa cercano i millennials

In tema di millennials, le aspettative del private banking crescono, da questa e dall’altra parte dell’Oceano. Soprattutto perché, se da una parte questi giovani si dicono autonomi nelle scelte finanziarie, su tematiche più complesse non disdegnano i pareri esterni. A sottolineare il forte impatto che la nuova generazione avrà nella gestione delle finanze è, per esempio, Crédit Suisse che nell’ultimo outlook identifica nell’efficienza energetica, nel consumo sostenibile e nella blockchain le tre priorità chiave.

“La nostra attenzione è rivolta a capire l’influenza dei millennials. A nostro avviso il 2018 sarà ricordato come l’anno in cui questa nuova generazione di investitori compirà importanti progressi nell’assunzione di un ruolo decisivo in settori chiave della vita”

ha affermato Nannette Hechler-Fayd’herbe, responsabile di Investment strategy & research della casa svizzera.

Dando uno sguardo alla realtà italiana arriva una conferma anche da Banca Euromobiliare.

I millennials influenzeranno la finanza ed è giusto interrogarsi sulle loro abitudini di investimento. È innegabile che l’incursione dei progetti di robot advisory e la propensione delle nuove generazioni a interagire attraverso strumenti di comunicazione digitali stiano tracciando un percorso votato al ripensamento dei modelli relazionali e dei modelli di consulenza finanziaria”, afferma Roberto Maugeri, responsabile marketing e business development del gruppo. Il gruppo sta lavorando su questo aspetto e sta investendo in servizi digitali adatti a questa tipologia nuova di clientela. Continua: “Proprio per questo motivo, abbiamo avviato un ambizioso programma di innovazione per favorire la relazione digitale e la conclusione dei contratti attraverso le più moderne tecnologie, valorizzando ulteriormente il contributo professionale del gestore della relazione nell’erogazione dei servizi di consulenza patrimoniale, anche grazie a specifiche competenze multidisciplinari presenti all’interno del gruppo Credem, disponibili sia in modalità remota (attraverso web conference con il cliente) sia in modalità fisica presso le nostre filiali e centri finanziari dedicati al private banking. Sì, perché questa è un’altra caratteristica dei millennials: per i servizi più basici il canale preferito è sicuramente quello digitale perché garantisce immediatezza nella ricerca delle informazioni e nell’esecuzione, mentre per un confronto approfondito su tematiche più complesse, che richiedono preparazione e professionalità di elevato standing, non disdegnano un incontro di persona con lo specialista”.

Un altro elemento interessante da segnalare riguarda le decisioni finanziarie che molto spesso vengono prese in famiglia. Conclude Maugeri:

“Ci siamo dotati di competenze e professionalità per offrire servizi dedicati alla gestione del patrimonio familiare e della continuità generazionale. L’ultima evidenza degna di nota è relativa alla sensibilità dichiarata dalle nuove generazioni nei confronti di tematiche attinenti l’approccio socialmente responsabile. A tale proposito, dal 2014, Banca Euromobiliare ha messo a disposizione le proprie competenze e la propria esperienza al servizio della ricerca scientifica per migliorare la qualità della vita, sostenendo le iniziative promosse dalla fondazione Umberto Veronesi attraverso un fondo flessibile tematico “Euromobiliare Science 4 Life” i cui investimenti azionari sono focalizzati in emittenti operanti nel settore salute e con attenzione particolare a quattro tematiche: longevità, ovvero estensione dell’aspettativa di vita media della popolazione; cambiamento delle abitudini alimentari e degli stili di vita in funzione preventiva delle malattie oncologiche; malattie neuro degenerative; ricerca, terapia e diagnostica oncologica”.

Al lavoro anche gli asset manager

A trattare l’argomento è anche uno studio di Pwc dal titolo “L’industria dell’Asset Management nel 2020“. L’analisi si focalizza sui driver strategici che supporteranno i player del mondo della gestione del risparmio. Nella ricerca si legge infatti che il mondo del risparmio gestito si sta concentrando sulla multi-canalità, allo scopo di modulare i servizi in base alla clientela target e avvicinarsi in tal modo alla clientela più giovane. Secondo Mauro Panebianco, partner di PwC e AWM Consulting Leader Italy:

“tecnologia, regolamentazione, la generazione dei millennials e l’invecchiamento della popolazione spingeranno i wealth manager a puntare su soluzioni personalizzate e digitali, su servizi ad alto valore aggiunto come corporate, art e real estate advisory, nonché sulla pianificazione successoria e la gestione di tematiche fiscali”.

Della stessa opinione anche Indosuez Wealth Management. Nel definire le priorità strategiche in termini di sfide future, da Parigi fanno sapere:

“Una componente chiave per noi è capire il cambiamento del comportamento dei clienti, in particolare quando si tratta della prossima generazione di investitori e della gestione della rivoluzione digitale. La tecnologia sta cambiando la gestione della ricchezza in quanto le banche hanno dovuto adattarsi per soddisfare le generazioni più giovani che vogliono essere in grado di monitorare le loro risorse in un dato momento su qualsiasi dispositivo. Noi abbiamo visto che i clienti vogliono l’esperienza digitale e quella umana. Infatti, solo il 20% dei clienti preferisce solamente un servizio digitale (secondo una ricerca di McKinsey). Abbiamo quindi adottato un nuovo approccio capace di applicare la più recente digitalizzazione nella gestione patrimoniale. Ci impegniamo a non perdere di vista il nostro approccio centrato sul cliente. Consideriamo il digitale come uno strumento aggiuntivo per fornire informazioni ai clienti ma non sostituirà mai il contatto con un consulente o gestore patrimoniale. Nemmeno per i millennials quando si tratta di tematiche più complesse o specifiche”.

Sono tutti convinti, in altre parole, che sui millennials si debba puntare, senza se e senza ma.

Le abitudini dei “nuovi” investitori

Per Natixis Investment Managers la nuova generazione

“è stata fino a oggi ignorata dall’industria finanziaria, che crede non abbia patrimoni da investire né sia interessata a costruirsene uno”.

Così, in un’indagine dove sono stati intervistati oltre 2.400 individui con un salario annuo medio compreso tra i 50 e i 150 mila dollari è emerso che l’industria del risparmio gestito deve imparare a conoscere questa nuova tipologia di investitori, che ha caratteristiche ben precise, e deve farlo anche in fretta. Prima di tutto, i millennials hanno ben chiari in mente i loro obiettivi di investimento – lo dichiara oltre il 60% degli intervistati – e per raggiungerli già partecipano a piani finanziari. Tuttavia se da un lato, essendo relativamente giovani, hanno orizzonti di investimento non superiori ai cinque anni (nel 64% dei casi), probabilmente perché si trovano in quella fase della vita dove eventi importanti quali l’acquisto di una casa o la costruzione di una famiglia potrebbero essere dietro l’angolo e ci potrebbe dunque essere la necessità di avere il proprio patrimonio a disposizione in breve tempo, dall’altro hanno ben presente le necessità di lungo termine e hanno iniziato a risparmiare per la propria pensione.

Nati e cresciuti in un periodo di elevata incertezza economica, con redditi potenzialmente inferiori rispetto a quelli dei propri genitori, i millennials hanno la necessità di far quadrare i conti tra quello che possono risparmiare per la pensione e i bisogni di breve termine.

“Per questo più della metà ha un comportamento conservativo e preferisce preservare il patrimonio rispetto ad andare alla ricerca di performance. Anche perché, guardando alla pensione, la stragrande maggioranza dei millennials è ben consapevole di quanto quest’ultima sia un concetto astratto e di non poter contare su un aiuto pubblico dopo la fine della vita lavorativa. È uno dei fattori più rilevanti, che incide nella decisione di aderire o meno a piani pensionistici. Tuttavia circa il 60% ritiene che un reddito aggiuntivo per la propria pensione arriverà da un’eventuale eredità, mentre il 51% pensa che saranno i figli ad aiutarli”.

Secondo l’indagine, quindi, quando si parla di scelte di investimento va abbandonato lo stereotipo che vede i millennials interconessi più che mai e poco inclini ai rapporti interpersonali.

“L’86% degli individui intervistati nel corso della nostra indagine dice di fidarsi dei consulenti finanziari, una percentuale decisamente più elevata rispetto al 39% che si affida unicamente ai social network per le questioni finanziarie”.

I Paesi dove i millennials si affidano più alla tecnologia sono principalmente Canada, Cina e Giappone.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di gennaio del mensile Wall Street Italia