Economia

Pensione di reversibilità: ecco a chi spetta l’assegno più ricco

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Le novità, che coinvolgono direttamente gli assegni previdenziali a partire dal 1° gennaio 2023, riguardano direttamente anche la pensione di reversibilità. Il governo Meloni, a partire proprio da quest’anno, ha aumentato complessivamente le pensioni dell’8,8%: gli incrementi sono stati determinati da una rivalutazione piena del 7,3%, a cui deve essere aggiunto un ulteriore 1,5%, che deve essere considerato come una misura straordinaria una tantum per quest’anno e che lieviterà al 2,7% nel corso del 2024.

Che cosa si intende per rivalutazione? Con questo termine ci si riferisce all’adeguamento annuale degli assegni previdenziali al costo della vita, che viene calcolato l’anno precedente. L’inflazione, a fine 2022, era pari al 7,3%. Le pensioni beneficeranno, quindi, di aumenti variabili a seconda degli importi, che ricevono mensilmente. Fino a 2.100 euro lordi al mese, spetta una rivalutazione al 100%, mentre chi percepisce importi superiori a 5.251 euro lordi al mese avrà una rivalutazione del 32% (ovviamente queste rivalutazioni sono rispetto al 7,3% del valore dell’inflazione).

Cos’è la pensione di reversibilità

A questo punto la domanda, che molti nostri lettori potrebbero porsi, è se la rivalutazione degli assegni previdenziali si applichino anche alle pensioni di reversibilità. La risposta è affermativa. Anche per le pensioni di reversibilità è prevista la rivalutazione con le stesse modalità previste per gli altri assegni previdenziali. Le pensioni di reversibilità, è bene ricordarlo, costituiscono uno strumento di sostegno economico riservato ai familiari di un pensionato. O di un soggetto che non ha ancora maturato il diritto alla pensione.

Questo particolare trattamento previdenziale, conosciuto come pensione di reversibilità, è ufficialmente definito come pensione indiretta. Viene riconosciuto nel caso in cui il soggetto abbia maturato almeno 15 anni di anzianità contributiva e assicurativa o cinque anni di anzianità assicurativa e contributiva. La pensione di reversibilità è stata istituita nel 1939 e, fino ad oggi, è sempre servita a tutelare le mogli che, a seguito della morte del marito, non avevano alcun sostentamento economico. La pensione di reversibilità, successivamente, è stata anche estesa a mariti e figli.

A chi spetta questa misura

Quali sono i soggetti che hanno diritto a ricevere la pensione di reversibilità? Possono incassare questo assegno previdenziale il coniuge o il soggetto unito civilmente con il deceduto. Lo possono ricevere anche i figli superstiti, nel caso in cui stiano frequentando la scuola media secondaria ed abbiano un’età compresa tra i 18 ed i 21 anni e siano a carico del genitore deceduto. Non devono, però, svolgere alcuna attività lavorativa.

È importante ricordare che la pensione di reversibilità spetta anche al coniuge divorziato: in questo caso, per poter accedere all’assegno previdenziale, deve essere titolare dell’assegno divorzile. Non deve essersi risposato dopo il divorzio e che, soprattutto, l’iscrizione all’Inps del defunto sia precedente rispetto alla data della sentenza di divorzio. Nel caso in cui il deceduto si sia risposato, la pensione di reversibilità spetta al nuovo coniuge e a quello divorziato: ci deve essere, però, una sentenza del tribunale.

Purtroppo, la pensione di reversibilità non spetta alle coppie di fatto o quando il coniuge contrae nuove nozze. La circolare Inps n. 19 del 1° febbraio 2022 ha sancito che il coniuge separato con addebito, ma senza alimenti, è stato equiparato al coniuge superstite.

La durata del matrimonio non va ad incidere direttamente sul diritto ad ottenere la pensione di reversibilità: questo significa che, essere stati sposati un giorno o 30 anni, non fa perdere o guadare il diritto ad ottenere l’assegno previdenziale. Il coniuge ha, inoltre, diritto in automatico alla pensione di reversibilità, a prescindere dal regime patrimoniale adottato, di comunione o separazione dei beni.