Economia

Nel mondo c’è fame di energia

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Un blackout di 24 ore ha spento a inizio ottobre il Libano. È certamente un caso isolato e non è il primo blackout che riguarda il paese mediorientale. Ma se è vero che il Libano è un caso limite, è altrettanto vero che Beirut condivide con il mondo, in questo 2021, una fame di energia sempre maggiore.

Mentre la tanto attesa ripresa economica prendeva forma, di pari passo i prezzi dell’energia salivano fino ad arrivare all’impennata autunnale. Con un caso record su tutti: quello del gas naturale (con rialzi a tripla cifra) in compagnia del petrolio (il Brent è tornato sopra la soglia psicologica degli 80 dollari al barile).

A caccia delle cause di questa crisi energetica globale

Diversi i fattori che hanno contribuito a creare questa situazione globale che ha ricadute importanti sui costi dell’energia e di conseguenza su imprese e consumatori. Come sottolinea Massimo Lombardini, esperto di energia per l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), “la vampata attuale dei prezzi energetici è stata determinata da una serie di fattori concomitanti”.
In primo luogo Lombardini cita l’incremento della domanda di energia legato alla ripresa economica. Al recupero delle economie si è associata una crescente domanda sia di fonti primarie, quali petrolio, gas e carbone sia di elettricità. Inoltre le condizioni metereologiche (con un inverno freddo e un’estate calda) hanno contribuito ad aumentare la domanda di energia.

La situazione è complicata anche sul fronte dell’offerta, con un’estate poco ventosa che ha limitato la produzione di elettricità eolica nel Nord Europa mentre in America Latina un periodo relativamente secco ha ridotto la produzione di energia idroelettrica. La produzione più bassa di elettricità da fonti rinnovabili ha reso necessario un maggiore utilizzo di gas naturale e carbone. Da ultimo, Lombardini pone l’attenzione anche ai fattori geopolitici che ruotano in particolare attorno alla Russia, il principale fornitore di gas naturale dell’Unione europea.

Mosca ha deciso di fornire il “minimo contrattuale” di gas, costringendo così gli importatori europei ad acquistare, a prezzi più elevati, il gas liquefatto sul mercato globale.
“L’escalation dei prezzi energetici è dovuta a una ripresa della domanda di energia europea in un mercato liberalizzato caratterizzato da prezzi spot, accompagnata da un’accelerazione degli obiettivi climatici con il pacchetto ‘Fit for 55’ presentato dalla Commissione europea lo scorso 14 luglio”, afferma Massimo Beccarello, professore di economia industriale e della concorrenza all’Università di Milano-Bicocca e direttore del Cesisp, Centro studi in Economia e regolazione dei servizi, dell’industria e del settore pubblico.

Secondo il docente, la liberalizzazione ha fatto emergere rischi di liquidità con particolare riferimento al mercato del gas naturale nel quale la progressiva demonizzazione dei contratti take or pay (per ragioni concorrenziali) ha fatto sì che il mercato europeo diventasse meno interessante per i Paesi produttori le cui vendite si sono rivolte ad altre aree geopolitiche.

Il secondo fattore, legato alla transizione energetica, ha determinato un aumento del costo delle emissioni nell’Emissions Trading Scheme (Ets), ovvero il sistema per lo scambio delle quote di emissione nell’Ue: si tratta di una pietra angolare della politica dell’Unione per contrastare i cambiamenti climatici. Nonostante nel 2021 non vi siano segnali di domanda di quote di emissioni superiori al 2019 gli effetti annuncio hanno favorito la creazione di posizioni lunghe della speculazione finanziaria.

Il caro energia in bolletta

Gli effetti sociali dell’aumento dei prezzi dell’energia si faranno sentire presto: per le famiglie in termini di inflazione energetica che non è ancora espressa pienamente; per le imprese l’effetto è doppio e riguarda un rincaro dei prezzi 2021 in media del 200% rispetto al 2020 e, a causa della scarsa liquidità del mercato del gas, anche il rischio di non avere forniture. I costi così elevati iniziano a impattare a cascata sulla produzione industriale.

Intanto il governo italiano si è impegnato a contenere il rincaro delle bollette. Il premier Mario Draghi ha ricordato l’intervento, con più di 3 miliardi di euro, per calmierare i prezzi nell’ultimo trimestre dell’anno. Inoltre è stata prevista l’istituzione di un fondo con uno stanziamento di circa 2 miliardi di euro per il 2022. “Si tratta di misure immediate, a cui dovranno seguirne altre di lungo periodo per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti e prevenire un’eccessiva volatilità dei prezzi”.

La crisi energetica vede in azione anche Bruxelles che sta cercando soluzioni rapide per evitare di minare la ripresa. Il Consiglio europeo ha definito “misure utili” sia nel breve sia nel lungo termine quelle che la Commissione ha proposto con il suo toolbox per mitigare gli effetti dei rincari energetici su imprese e famiglie.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia.