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La strana coppia “impari” Putin-Erdogan

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L’alleanza stretta fra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan a San Pietroburgo testimonia la presa di coscienza da parte del presidente turco che il fallimento della strategia a sostegno dei fronti sunniti nel teatro siriano, richiede mosse realiste. Secondo Alberto Negri, attento osservatore degli scenari mediorientali, il timore della formazione di un nascente embrione di stato curdo alle porte della Turchia rappresenta la più impellente delle sfide per Ankara.

La Russia, da parte sua, vincitrice “per il momento, di un conflitto iniziato con le rivolte arabe nel 2011 […] può concedere ad Ankara una zona cuscinetto per mettere sotto controllo i curdi siriani alleati di quelli del Kurdistan turco” scrive Negri sul Sole 24 Ore. La contropartita offerta a Putin dovrebbe essere l’interruzione dei sostegni turchi ai sunniti in lotta con le forze russe nei pressi delle basi militari di Tartous e Latakia (ovvero Laodicea) in Siria. La Russia, nota Negri, ha già mostrato la propria distanza con i curdi, rifiutando di incontrarne una rappresentanza ai colloqui Onu.
Dopo essersi attaccate diplomaticamente per mesi Turchia e Russia, storicamente nemiche, hanno costituito un fronte di convenienza: “Erdogan lotta per sopravvivere e rimediare gli effetti di una storica sconfitta, Putin per uscire dall’isolamento, manovrare un carta anti-Nato e mettere sotto pressione l’Occidente che lo tiene sotto sanzioni”.
E’ un’unione destinata a durare? Lo si vedrà sul destino di “Turkish Stream, il progetto di gasdotto russo per aggirare l’Ucraina”, afferma l’editorialista, “il leader turco ha promesso che verrà avviato, gli americani lo avevano bloccato un anno fa affermando ‘che la Russia si serve del gas come di un’arma puntata contro l’Europa’”.
Di certo, non si tratta di un unione fra pari, visto che dopo aver percorso la strada fallimentare della Siria, la Turchia è dovuta scendere a patti col potente rivale.