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Italiani abbandonano il sogno dei loft, crollano i prezzi

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ROMA (WSI) – Addio loft stile Factory alla Andy Warhol o da film alla “Ghost”. Gli italiani tornano coi piedi per terra. E quando devono comprare casa – ammesso e non concesso che riescano a ottenere un mutuo – guardano la praticità più che il design o la moda.

E così, dopo un periodo di grande richiesta, il mercato dei loft negli ultimi cinque anni ha fatto registrare un forte calo dei prezzi, risultato di una domanda in calo e di un’ offerta in crescita, effetto, quest’ ultima della riqualificazione di ex zone industriali delle grandi città.

Dal 2009 i prezzi sono scesi anche dell’11%: secondo l’indagine condotta da Immobiliare.it, nelle grandi città l’offerta è cresciuta fino al 9%, ma la domanda cala fino al 6%. Tra le città esaminate, i prezzi dei loft calano meno a Milano, dove la contrazione è pari al 6% rispetto al 2009.

Va peggio a Roma e Bologna, con un meno 10%. Più evidente la flessione a Torino, dove la flessione è dell’11%. Le località più critiche sono quelle dove aumenta l’ offerta, con un più 8-9%, come a Torino e Bologna. A preferire il loft sono soprattutto gli uomini, che rappresentano il 57% della domanda.

Oltre all’elemento crisi che porta le famiglie ad avere meno grilli per la testa in tema di abitazione, ce n’è uno puramente tecnico: “Essendo un immobile di natura commerciale, non ci si può prendere la residenza e, quindi, per il loft non è possibile ottenere un mutuo prima casa” spiega Carlo Giordano, amministratore delegato di Gruppo Immobiliare.it. Infatti i loft, spesso magazzini, laboratori o negozi ristrutturati, sono accatastati nella categoria C3, ossia come “laboratori con permanenza di persone” e non come abitazione (A1, A2, A3, A4). Sono quindi adatti a un’utenza promiscua, per esempio a professionisti che utilizzano lo spazio sia come studio privato che come abitazione.

Non poter acquistare l’immobile come prima casa non solo comporta l’impossibilità di chiedere un mutuo prima casa ma anche il pagamento di un’Iva pari al 10% del valore catastale, e non al 4% come per le prime abitazioni. In pratica bisogna comprare in contanti e pagarci sopra un’Iva del 10%.

Spesso negli annunci però la categoria non viene specificata per cui si va a vedere l’immobile, attratti dalle foto pubblicate, spesso corrispondenti alla realtà. I bollori degli entusiasmi, alimentati anche da un venditore straordinariamente disponibile a trattare sul prezzo, vengono quindi presto raggelati dalla doccia fredda sui dettagli relativi alle spese burocratiche e da un veloce esame dei soldi disponibili sul conto corrente.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Repubblica – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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