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Investimenti: Bond high yield Usa più attraenti delle Borse

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NEW YORK (WSI) – Secondo un’analisi di Source, società specializzata nella fornitura di fondi comuni di investimento (Exchange Traded Product), una valida alternativa all’azionario per i rendimenti che è in grado di fornire è rappresentata dal segmento delle obbligazioni high yield statunitensi; vale a dire quei titoli con rischi – e di conseguenza ritorni da investimento – elevati, cui solitamente corrisponde una maggiore esposizione al default.

Secondo i calcoli di Source un ciclo di insolvenza medio nei prossimi cinque anni produrrebbe un rendimento del 6%, mentre nello scenario più difficile che si realizzi, il rendimento su base annuale sarebbe comunque superiore al 4%.

“A nostro giudizio, il segmento high yield negli Stati Uniti rappresenta un valido sostituto alle azioni considerati i rendimenti interessanti e offre inoltre una miglior protezione contro le perdite”, afferma Fabrizio Palmucci, direttore esecutivo e product specialist del reddito fisso presso Source, “dalla nostra analisi è emerso che le azioni ci hanno messo il doppio del tempo rispetto ai titoli high yield a recuperare le perdite dopo la crisi finanziaria e quasi sette anni a ottenere i rendimenti cumulativi realizzati dall’high yield”.

Il tasso d’insolvenza attualmente scontato dai bond high yield è dell’11%, notevolmente superiore a quello dello scenario base di Source, che, pertanto giudica “interessante sotto il profilo rischio-rendimento” il mercato americano degli high yield.

Il rischio di default non va sottovalutato, in particolare in un periodo di crollo del petrolio e dei ricavi per le società americane del gas di scisto, gli investitori hanno paura che scoppi una crisi sistemica nel settore.

Secondo Marc Craquelin, Direttore dell’Asset Management di La Financière de l’Echiquier.  non ci sono gli estremi per andare nel panico. “Bisogna relativizzare: se alcuni produttori americani di petrolio sono chiaramente destinati a fallire, il debito delle aziende del settore rappresenta soltanto il 3% del Pil“.