Economia

Fed non ha fretta di alzare tassi. Wall Street applaude

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NEW YORK (WSI) – Chiusura positiva per la Borsa Usa, nel giorno in cui sono state diffuse le minute della Fed. Secondo il documento, nella riunione degli scorsi 15 e 16 marzo, i membri del Federal Open Market Committee della Federal Reserve non hanno mostrato alcuna fretta nel volere alzare i tassi i prossimi 26 e 27 aprile dopo la stretta dello scorso dicembre, la prima dal giugno 2006.

Nel finale, il Dow Jones segna un aumento dello 0,64% a 17.716 punti, lo S&P 500 guadagna l’1,05% a 2.066 punti mentre il Nasdaq cresce dell’1,59% a 4.920 punti.

In particolare, secondo alcuni governatori, i venti contrari che limitano la crescita “si allenteranno solo lentamente”. Anche per questo in molti hanno sottolineato che e’ “prudente” un approccio cauto nell’alzare i tassi. Un aumento del costo del denaro a fine mese sembra dunque improbabile anche perche’ per alcuni governatori “alzare i tassi gia’ ad aprile segnalerebbe un senso di urgenza che non crediamo sia appropriato”. Non mancano comunque i ‘falchi’ secondo cui una stretta a fine mese sarebbe giusta se i dati macroeconomici in arrivo giustificheranno una mossa simile. Sono quei dati infatti a determinare il percorso dei tassi “e non il calendario” delle riunioni dell’Fomc.

Gli investitori intanto tornano a sperare in un possibile accordo sul congelamento della produzione di petrolio tra Paesi membri e non dell‘Opec, di cui si parla dallo scorso febbraio e che ha permesso un rimbalzo delle quotazioni dai 27 dollari circa toccati dal barile a inizio anno.

Ad alimentare queste speranze e’ Nawal Al-Fuzaia, rappresentante del Kuwait, paese facente parte del cartello dei maggiori paesi produttori di greggio, secondo cui “ci sono indicazioni positive che un accordo sara’ raggiunto” nell’incontro previsto il 17 aprile a Doha (Qatar). C’e’ comunque cautela visto che venerdi’ scorso il petrolio aveva perso il 4% sulla scia delle dichiarazioni di un principe saudita, secondo Riad aderira’ all’intesa solo se anche l’Iran ne prendera’ parte.

Ma Teheran vuole tornare a produrre quattro milioni di barili al giorno entro il marzo 2017. Inoltre un accordo non cambierebbe di molto il quadro caratterizzato da scorte mondiali in eccesso: si stima che ogni giorno sia prodotto un milione di barili in piu’ rispetto alla domanda.

Il sentiment positivo è alimentato anche dalle buone notizie che sono arrivate dal fronte macroeconomico della Cina, con l’indice dei servizi Caixin che si è rafforzato a marzo, salendo a 52,2 punti, dai 51,2 punti di febbraio.

Dal fronte aziendale, in primo piano il fallimento della M&A, ovvero della fusione più grande mai realizzata nel settore dei servizi sanitari, del valore di ben $160 miliardi, tra i colossi farmaceutici Pfizer e Allergan. Le società hanno confermato che l’operazione non è andata a buon fine per l’intervento del dipartimento del Tesoro Usa. A questo punto, Pfizer rimborserà Allergan, rimborsando $150 milioni di spese associate alla transazione.

L’introduzione da parte del dipartimento al Tesoro Usa di nuovi limiti sulla inversione fiscale (la fusione di una società americana con una straniera, al fine di spostare la sede in paesi in cui il fisco è più favorevole) ha indotto il cda di Pfizer a votare per la fine dell’accordo. La mossa del Tesoro, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, avrebbe praticamente azzerato i vantaggi fiscali legati all’inversione.

La fusione era finita nel mirino dell’amministrazione Obama, dal momento che si preponeva l’obiettivo di spostare la sede di Pfizer in Irlanda, beneficiando appunto del fisco.

Sul valutario, l’euro cede -0,41%. a $1,1337; dollaro/yen piatto a JPY 110,40.  La sterlina, ostaggio dello scenario Brexit precipita di nuovo contro il dollaro, cedendo oltre -1%, a $1,40 circa.

Ssul fronte delle materie prime, rally per i prezzi del petrolio,  Per il secondo giorno di fila, il petrolio ha chiuso in rialzo. Rispetto all’incremento di mezzo punto percentuale di ieri, il contratto a maggio al Nymex ha archiviato la seduta con un +5,2%, 1,86 dollari, a 37,75 dollari al barile. A mettere il turbo alle quotazioni e’ stato il dato sulle scorte settimanali di greggio in Usa, inaspettatamente calate. La contrazione di 4,9 milioni di barili e’ la seconda maggiore dell’anno in corso. Gli analisti si aspettavano un incremento di 3,3 milioni di barili. Gia’ prima della diffusione del dato il petrolio correva, anche se non con la forza con cui ha finito la seduta. Oro sotto pressione, scende -0,77% a $1.221,85.