Economia

Fintech, quanto vale il mercato italiano?

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Il mercato italiano del fintech ha superato il valore di 882 milioni di euro nel 2022. Lo certifica il quinto Osservatorio Fintech di PwC in Italia, diffuso nei giorni scorsi. Lo studio inoltre certifica che il 79% delle startup fintech italiane ha sede nel nord Italia. Milano è la capitale italiana del fintech: ospita il 54% delle imprese del settore a livello nazionale, concentra il 70% degli investimenti e conferma la sua vocazione di piazza finanziaria di riferimento per il mercato. Facciamo il punto sugli investimenti nel settore.

Gli investimenti nel fintech

Secondo il rapporto, gli investimenti nel settore condotti dai fondi di venture capital sono saliti del 240% rispetto all’intero volume di finanziamenti distribuito nel 2021. Tra il 2020 ed il 2022 si sono verificati alcuni mega-round (raccolta di fondi superiori ai 50 milioni di euro). L’ecosistema italiano, al netto di queste operazioni, avrebbe tutt’altra connotazione, con una raccolta di finanziamenti che nel 2022 ammonterebbe a soli 76,2 milioni di euro, cifra inferiore del 11% rispetto a quanto investito dagli operatori nel 2021 e che limiterebbe al 16,9% l’incremento del CAGR (tasso di crescita composto annuo) a partire dal 2017. La crescente enfasi sui mega-deal riflette invece la consuetudine dei venture capital stranieri a selezionare startup che scalano più rapidamente e che adottano modelli di business distintivi e meno esposti alla competizione. Marco Folcia, partner transformation servizi finanziari di PwC Italia, commenta in proposito:

“Lo scenario fintech italiano nel 2022 si potrebbe così riassumere: escludendo i mega-round, il mercato evidenzierebbe una stabilità rispetto ai valori dell’anno precedente, allineandosi alle tendenze globali. La crescente enfasi sui mega-deal riflette invece la consuetudine dei venture capital stranieri a selezionare startup che scalano più rapidamente e che adottano modelli di business distintivi e meno soggetti alla competizione. In linea generale è chiaro come la qualità delle fintech nazionali e la maturità degli imprenditori che creano nuovi modelli di business abbiano attratto sia fondi esteri sia operatori nazionali tipicamente restii a questi investimenti”.

I segmenti più maturi

Alcuni segmenti del fintech sono più maturi di altri (pagamenti digitali, prestiti e insurtech), mentre altri sono ancora in fase di iniziale sviluppo (asset e wealth management, RegTech, capital market e trading e open banking).

In particolare, nei pagamenti digitali è in corso una trasformazione che porterà i tradizionali strumenti/servizi a convergere verso un’offerta completamente rinnovata in termini di modelli di business (vedi trend emergenti come il BNPL o Buy Now Pay Later) e processi operativi, continuando a catturare l’attenzione degli investitori e proseguendo nel percorso di consolidamento e di crescita già avviato negli anni precedenti, a conferma della grande attrattività del comparto nell’industria finanziaria. Il settore ha registrato la chiusura di diversi round da parte delle fintech e il suo dinamismo è confermato anche dal costante aumento del numero dei nuovi entranti: nel solo biennio 2021- 2022, in Italia risultano autorizzati 59 operatori, di cui 30 di derivazione non bancaria.

Sul fronte dei prestiti, le fintech italiane attive nel settore continuano ad evidenziare una dinamica di sviluppo importante e in modo particolare per i finanziamenti erogati alle imprese, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni, che hanno superato nei primi sei mesi del 2022 i 2 miliardi di euro e registrato un salto in avanti del 49% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dietro la crescita dei finanziamenti fintech vi sono anche gli accordi tra banche e fintech.

Sul fronte dell’insurtech, dopo la crescita accelerata degli scorsi anni per numero di startup attive (a fine 2021 erano 120 secondo la rilevazione del Politecnico di Milano), la curva di sviluppo del comparto Insurtech ha iniziato a flettere nel corso del 2022 principalmente per due motivi:

  • la diminuzione di investimenti finanziari in soluzioni insurtech da parte delle compagnie assicurative tradizionali, che stanno intensificando l’internalizzazione di progetti di trasformazione digitale, acquisendo le competenze necessarie dal mercato o attraverso partnership con startup già affermate per ridurre i rischi di implementazione di nuove soluzioni;
  • il consolidamento delle startup fintech già attive sul mercato.

La qualità di nuove iniziative in ambito insurtech sta comunque diventando via via più rilevante e si esprime in una maggiore efficacia a livello di innovazione nei processi di core business, di strumenti che abilitano funzionalità self service a disposizione del cliente o di un approccio di business focalizzato sulla specializzazione dei servizi (per esempio le polizze life home, le polizze pet, le micro-polizze) erogati attraverso piattaforme aperte in una logica quasi esclusivamente B2B/B2B2C. Marco Folcia conclude:

“È certo che nuovi segmenti di mercato stanno crescendo, come quello delle fintech in ambito ESG o quello delle piattaforme/soluzioni di Intelligenza Artificiale per l’automazione dei processi di customer care, KYC (Know Your Client), credit scoring. Sono segmenti che rappresentano un trend in divenire, pur non avendo ancora raggiunto track record o massa critica sufficienti a permettere oggi un’analisi approfondita”.