L’era di Janet Yellen a capo della Fed è terminata come previsto, i tassi sono rimasti all’1,25-1,5%. Nella prima riunione del 2018, la banca centrale americana continua ad aspettarsi “ulteriori aggiustamenti graduali della politica monetaria”. Il cambiamento più significativo del linguaggio utilizzato dalla banca centrale “apre la porta a quattro rialzi dei tassi e chiude probabilmente la porta a due strette monetarie”, secondo Barclays.
L’istituto centrale – come si legge nel comunicato diffuso al termine del meeting – prevede che “le condizioni economiche evolveranno in modo tale da richiedere ulteriori rialzi graduali dei tassi“. Per il 2018, come anticipato a dicembre, ne prevede tre ma le nuove stime arriveranno in occasione della riunione del prossimo marzo. Ricordando che la rotta del costo del denaro dipenderà dai dati macroeconomici, la Fed non si aspetta strette repentine:
“Per un po’, i tassi resteranno probabilmente al di sotto dei livelli che ci si aspetta prevalgano nel lungo termine”.
La Fed è più ottimista sull’inflazione, da oltre cinque anni in crescita al di sotto del tasso annuo del 2% fissato come target, e per questo assume un atteggiamento più da falco.
“L’inflazione è vista salire quest’anno e stabilizzarsi intorno all’obiettivo del 2% nel medio termine”. Il testo di dicembre recitava che “l’inflazione è scesa quest’anno e sta viaggiando sotto il 2%”. Non solo: è spuntata la frase secondo cui le pressioni inflative sui compensi “sono salite negli ultimi mesi ma restano basse”.
Proprio le dichiarazioni sull’inflazione hanno stupito alcuni investitori, alimentando l’idea che nel 2018 ci possano essere quattro rialzi dei tassi e non tre come previsto a dicembre dalla Fed (le nuove stime della banca centrale arriveranno a marzo). Stando ai future sui Fed Funds, c’è il 28% di probabilità che le strette possano essere quest’anno quattro; le chance erano al 10% alla fine di dicembre.
Immediata la reazione del mercato: gli indici a Wall Street hanno annullato i rialzi accumulati fino ad allora, per poi tonrare in positivo alla fine della seduta. Il rendimento dei Treasuries a 10 anni è balzato sui massimi di seduta sfiorando addirittura il 3%, soglia considerata di pericolo, mentre l’indice del dollaro, che misura l’andamento del biglietto verde rispetto a un paniere di divise rivali, ha virato in positivo.
Per ora l’unica cosa che appare assodata è che un aumento del costo del denaro a marzo. Per il resto toccherà al nuovo governatore Jerome Powell – in carica dal 3 febbraio -diradare i dubbi degli investitori.