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Eni costretta a dismettere quota Snam Rete Gas: vantaggi per tutti

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Roma – Dieci euro in più su ogni megawattora di gas. Questo è il differenziale che paga l’Italia rispetto ad altri Paesi europei dove il prezzo del metano è diminuito da aprile in poi, mentre da noi è sensibilmente aumentato. Sono gli ultimi dati del Gestore dei mercati energetici (Gme) a certificarlo. Si tratta dei prezzi di dicembre (33,1 euro contro 22,3) pubblicati ieri sulla Newsletter mensile della società pubblica incaricata della gestione della Borsa elettrica e di quella, appena avviata, del gas.

Il fatto che questi dati siano usciti proprio mentre il governo sta per dare il via libera al decreto sulle liberalizzazioni, è una pura coincidenza. Ma è utile per rendersi conto delle ragioni che spingono Mario Monti e Antonio Catricalà ad affrontare un percorso complesso e difficile come quello finalizzato a realizzare una maggiore competizione sul mercato dell’energia. Nel pacchetto è entrata la separazione proprietaria di Snam da Eni, il dibattito tra i ministeri è tuttora in corso su come realizzare questo passaggio, ma la norma è ormai data per certa e ribalta l’impostazione del governo Berlusconi favorevole alla separazione societaria rafforzata (Ito) che il Cane a sei zampe ha ormai praticamente completato. Il nuovo corso è sotto i riflettori degli analisti e della Borsa che ieri ha penalizzato Snam (-2,8% a 3,28 euro) e premiato Eni (+3,06% a 17,20 euro). Qualcuno ha anche ipotizzato che l’accelerazione allo sviluppo di nuovi giacimenti di idrocarburi in Italia, anch’esso inserito nel decreto, vada a compensare il gruppo. La verità è che gli idrocarburi nazionali non vengono sfruttati al loro potenziale: di questo si sta discutendo in queste ore.

Le altre novità, che si stanno comunque mettendo a punto, riguardano le bollette del gas. Il nuovo meccanismo di calcolo degli aggiornamenti trimestrali che scatterà da aprile sarà più orientato verso i prezzi del mercato spot (quelli che stanno scendendo in Europa) e non più solo ancorato ai contratti take or pay (che garantiscono un’approvvigionamento nel lungo periodo ma sono anche molto più cari). In questa direzione stava già procedendo l’Autorità per l’Energia. E’ una misura che riguarderà i clienti, famiglie e piccole imprese, che non sono ancora passati al mercato libero (10-12% su circa 18-20 milioni di bollette). Riguarderà cioè la stragrande maggioranza dei consumatori che in prospettiva dovrebbero così veder diminuire il costo del gas.

Può la separazione proprietaria di Snam da Eni risolvere questo nodo? Ai molti che pensano si tratti di uno snodo fondamentale per mettere in moto investimenti ed efficienza, ha risposto ieri il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei: «Sarebbe un disastro andare a spezzare l’Eni». Il gruppo non commenta ma da sempre sostiene che lo scorporo non avrà effetti per i consumatori. Da sola, la separazione non basterà.

Occorre anche affermano industrie e analisti eliminare molti colli di bottiglia e potenziare i rigassificatori. Oggi Snam è un boccone grosso valutato da Deutsche Bank 25,8 miliardi contro i 10,8 miliardi delle stime di Kepler Research su Terna. Più facile dunque che sia la prima a mangiare la seconda, se si deciderà di scorporare per intero la società (che controlla anche gli stoccaggi di Stogit e il rigassificatore di Panigaglia), ipotesi sulla quale sembra stia scommettendo il mercato. In questo caso tutti danno Lorenzo Bini Smaghi, oggi presidente di Snam, al vertice della nuova mega-società delle reti.

I titoli Eni registrano al momento un rialzo fiacco dello 0,12% a 17,2 euro. Secondo gli analisti di Goldman Sachs la dismissione della quota avra’ un effetto positivo sul gruppo, perche’ ridurre in maniera significativa l’indebitamento.

La cessione della controllata potrebbe infatti migliorare la valutazione gia’ attraente del titolo, che vanta un dividend yield del 6% e un rapporto tra prezzo di borsa e utili azionari che e’ ancora più interessante, se si considera che la partecipazione di Eni in tre societa’ quotate, Galp, Snam e Saipem, contribuisce agli utili del gruppo per il 13%, mentre, per quanto riguarda la sua capitalizzazione di mercato, conta solo per il 27%.

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