Società

Elezioni 2013, Grillo lancia Opa sulla politica

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ROMA (WSI) – La sfida di questa settimana è «un’opa sulla politica», espressione ascoltata nello staff, che «a San Giovanni culminerà». E questa sfida è anche un cambiamento nella comunicazione e nella rappresentazione.

Dopo il rifiuto ad andare in tv, con ripensamento all’ultimo momento, Beppe Grillo e gli elettori dei Cinquestelle tenteranno di mostrare sempre di più di non appartenere a quel mondo andato, nei comportamenti ma anche nelle parole. Se stasera da Mentana alle 21 andranno in onda, separate, le interviste a Bersani, Berlusconi e Monti, nel movimento esultano perché loro saranno a Monza, dove Milano è già Brianza, a consolidare questa dinamica da io-contro-tutti.

Grillo – che questi due giorni era abbastanza arrabbiato – dinanzi all’ennesima piazza veramente piena all’inverosimile, a Cremona, insiste molto sul linguaggio, e sono i passaggi improvvisati, rivelatori: «Noi cambieremo le parole, la mentalità. I giornalisti mi chiedono sempre le stesse cose, con le stesse formule, se andate al governo chi indicherete premier, con chi farete alleanza, non è che il vostro gruppo parlamentare si dividerà?, capite? Chiedono cose così, non ce la fanno. Mostreremo che ragioniamo diversamente». Come sempre semplifica cose in realtà complesse. «Ma devo farlo, altrimenti dovrei parlare tre ore».

La loro tv ce l’hanno: è Ustream di Salvo Mandarà, un ingegnere elettronico originario di Ragusa e trapiantato ad Abbiategrasso. Non prende soldi, s’è messo in aspettativa. A ogni tappa del tour, oltre a quelli in piazza, collega almeno altri diecimila utenti (è la media). Gli spin doctor non ci sono, ma Grillo ha con sé – o qui o in chat – dei ragazzi, in particolare quelli della Casaleggio, che definire svegli è poco. Se l’account twitter di Bersani fa l’errore di postare la foto della manifestazione di Pisapia, loro lo individuano subito.

Sui nodi irrisolti sorvolerà, come ha fatto fin qui. E l’arte di esercitare distinzioni? Grillo parlerà ancora con le tv straniere, in questi giorni, ma quelli gli chiedono cose tipo «come farà il digitale?», oppure «che si può fare per la raccolta differenziata in Italia?», come ha fatto ieri una filmaker danese che sta seguendo tutto lo Tsunami Tour.

Oppure come hanno fatto le due reporter di France Press e della Radio francese in Valtellina. Così il leader evita di trovarsi di fronte a domande sgradite sulla democrazia interna (su dove prenderà i soldi, a modo suo, nei comizi dice diverse cose); ma più che la voglia di evitare il contraddittorio agisce la scelta di porgere una rappresentazione: quella del movimento non contaminato col sistema.

Per questo ieri a Cremona chiedeva di cambiare la lingua. A parte il vaffa (compare ormai poco), molte immagini come queste: «Vogliamo un sogno, ma non di due legislature, di due generazioni: ambiente, energia, la qualità della vita dei miei figli»; «voglio uno Stato che mi protegga, non che mi schiacci»; «altro che i grillini, mettiamo in parlamento delle persone con due palle così». «Le nostre idee non sono di destra né di sinistra, le idee o sono buone o sono cattive». Un rischio è che, onestamente, i candidati non sono capaci come lui nella filippica, quando tocca a loro parlare. E toccherà loro sempre più parlare.

Il tour da oggi in poi sarà molto sociale e a modo suo, paradossalmente, tradizionale nei temi proprio mentre punta a smontare i linguaggi. Per dire, a Milano il Duomo è piazza storica dell’antifascismo. Non è escluso che Grillo lì citi Sandro Pertini, «il grande presidente».

Oppure venerdì arriverà in treno a Roma da Viterbo, per solidarietà coi lavoratori della Roma-Viterbo. Farà mai qualche autocritica, anche per far capire di avere orecchie, non solo una lingua? Su una ieri un abbozzo c’è stato: stava sfottendo di nuovo l’operatore di Tgcom, ma s’è prodotta una dinamica che non piace neanche a lui. Quando la folla ha preso a gridargli contro li ha fermati, «lui non è responsabile, non è responsabile, è un cameraman, un lavoratore, ma te la puoi prendere con un ragazzo?».

I ragazzi simpatizzanti, tra l’altro, ricevono da lui da giorni una richiesta di passaparola sotterraneo: «Voi non dite a nessuno che ci votate, potrebbero farci ritorsioni, ma provate a convincere 25 vostri conoscenti». I riferimenti alla Rete sono roba vecchia; è questo antico passaparola la novità.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Stampa – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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UNA GUARNIGIONE IN GRADO DI BLOCCARE I LAVORI DELL’AULA

Di Carlo Bertini per “La Stampa”

Era una notte tempestosa per i destini della Repubblica, l’emiciclo di Montecitorio era tutto un ribollire e bisognava approvare la legge finanziaria che avrebbe consentito l’ingresso in Europa: verso le tre del mattino, come d’incanto cominciarono a volteggiare degli uccellini sulle teste dei deputati, i leghisti che facevano ostruzionismo chiesero che venissero sospesi i lavori per farli uscire. Ma dallo scranno più alto Luciano Violante rispose che si poteva andare avanti lo stesso e che i pennuti potevano benissimo continuare il loro aulico volo.

Ecco, nella casistica sterminata sulle più fantasiose forme di ostruzionismo c’è anche questo episodio di fine Anni 90; e se ancora non è dato sapere quale sarà l’atteggiamento nelle aule parlamentari della nutrita guarnigione dei deputati del Movimento 5 Stelle, basta sentire la metafora di Donatella Agostinelli, capolista nelle Marche: «Ogni grillino è come un granello di sabbia nell’ingranaggio della politica, ne basta uno per far inceppare il meccanismo…». Ergo, se si vorranno mettere di traverso esercitando la fantasia non sarà facile gestire la situazione.

Ma sui temuti grillini, la curiosità spazia dall’interrogativo se accetteranno gli incarichi apicali (una delle quattro vicepresidenze di Camera e Senato, le presidenze di giunte, vigilanza Rai, Copasir che gli toccherebbero se arrivassero «secondi») fino alle modalità quotidiane di comportamento dentro i Palazzi: «Cercheremo di fare gruppo per proteggerci da tentativi di cooptazione e di non usufruire della mensa e della buvette», fa sapere Vito Crimi, secondo di lista in Lombardia al Senato e tra i veterani del Movimento.

Ma è sul tema cruciale del processo legislativo che si concentrano i timori maggiori. E c’è da scommettere che saranno parecchi, tra i 70 e passa deputati grillini attesi alla Camera, ad aver studiato a dovere i 154 articoli e le 105 pagine del regolamento di Montecitorio, strumento base di un’opposizione battagliera. Da cui si evince che sono soprattutto i decreti legge a rischiare di finire sotto le forche caudine dell’ostruzionismo, visto che per prassi consolidata non sottostanno ai tempi contingentati previsti per le leggi ordinarie.

Anche se esiste l’arma della «tagliola» in mano ai presidenti, cioè stabilire che si voterà entro un tempo fissato: arma fin qui mai applicata alla Camera, ma spesso minacciata con l’effetto di far addivenire a più miti consigli i gruppi dissidenti. Per questo Violante è convinto che subito vadano approvate delle modifiche regolamentari: «Prevedere il voto a data fissa per i provvedimenti di maggior rilievo indicati dal premier.

Per evitare un eccessivo uso di decreti, fiducie e maxiemendamenti vari. Eliminare passaggi inutili, come la discussione generale o l’illustrazione di emendamenti; e infine le proposte di legge di iniziativa popolare devono essere deliberate entro sei mesi dal deposito per rispondere alle istanze dei cittadini».

E per avere un’idea di come i tempi possono dilatarsi, nella discussione generale dei decreti tutti possono parlare per 20 minuti e con 70 iscritti ciò vuol dire 24 ore di interventi. Tradotto sui tempi delle sedute, tre giorni di lavori. La maggioranza può mettere ai voti la chiusura della «discussione generale», ma a quel punto tutti gli iscritti non intervenuti possono parlare per 5 minuti l’uno.

Insomma, qualunque forzatura ha un contraccolpo che non è indolore. Per le dichiarazioni di voto sugli articoli può intervenire ogni deputato per 10 minuti, idem sugli ordini del giorno. Insomma una cosa è certa, a qualsiasi governo non converrà fare troppi decreti.

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