Società

Ecco perchè il 2014 comincia male: siamo rovinati dai banksters

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L’intervista che segue è stata pubblicata da Uno Magazine. Nota: poichè si tratta di un’intervista telefonica, il testo ha un tono colloquiale.

PADOVA (WSI) – Banksters è un neologismo tratto dalle parole bankers e gangsters ed indica la razza “vil e dannata” responsabile dell’attuale crisi epocale. Il libro che presentiamo (“I padroni del mondo”, Chiarelettere) stampato già in 3 edizioni, punta il dito proprio contro queste poche migliaia di individui, estremamente potenti, che decidono le sorti di milioni di persone in tutto il mondo. Il testo mette a nudo le responsabilità ma offre anche soluzioni.

Direttamente dal suo ufficio di New York, Luca Ciarrocca, direttore di Wall Street Italia, il noto sito economico, ci ha anticipato alcune interessanti riflessioni presenti nel suo libro oltre ad alcune considerazioni sull’attualità politica ed economica italiana.

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Uno Magazine: Gli scenari che il suo libro dipinge sono gravi, soprattutto per l’Italia, nel suo testo, però, non mancano anche le soluzioni. Ce ne può indicare una?

Luca Ciarrocca «Le soluzioni sono di due tipi. Una riguarda l’Italia, in particolare, e l’altra invece è di lungo periodo e riguarda non solo il nostro Paese ma tutti i paesi che hanno un particolare sistema bancario e finanziario. Vediamole per gradi. Per quanto riguarda l’Italia la soluzione prospettata, dopo aver sentito una serie di economisti di varia estrazione, vorrei evidenziare a tale proposito che io sono un giornalista e non un economista, è una soluzione che prenda di petto la questione del debito pubblico, perché questo è il vero macigno ed è il rischio sistemico per l’Italia, per l’Europa e per il capitalismo globale. Purtroppo non viene affrontato».

UM: Perché nessuno lo fa?

Luca Ciarrocca «Perché è un problema intrattabile, il classico “gorilla da 900 libbre”, come dicono gli americani. Il debito pubblico italiano è di oltre 2 trilioni di euro, quindi duemila e passa miliardi di euro, di fatto è un debito tale che l’Italia, come le banche di cui parlo nel mio libro, è troppo grande per fallire. Non cala, nonostante la recessione pesantissima in cui si trova il Paese negli ultimi due anni, il debito ha continuato a salire, il che è abbastanza grottesco. E’ un meccanismo perverso una specie di spirale che si avvita su se stessa, perchè gli interessi che noi paghiamo sul debito sono, lo dico nel libro, ed è stato poi confermato dalla Cannata che è il responsabile del Ministero del Tesoro per il debito pubblico, sono 85 miliardi l’anno a questo livello di tassi di interesse. Quindi in realtà noi dreniamo risorse immense che non vanno a dare ossigeno all’economia reale, alle famiglie, alle imprese, ma vanno semplicemente a pagare gli interessi sul debito pubblico che poi non cala ma continua a crescere».

UM: Un po’ come stare su una barca che affonda e ributtare a mare l’acqua con un cucchiaino…

Luca Ciarrocca «E’ così, è una metafora ma è la verità. Infatti a me sorprende come non ci sia nessun leader politico, non ci sia nessuna voce che abbia l’autorità di concentrare tutti su questa questione che è drammatica ma vale quasi una dichiarazione di guerra, nel senso che non può essere trattata come fosse normale amministrazione».

UM: Lei prima accennava a due vie distinte per la soluzione del debito, una per l’Italia e una per l’Europa. Ci spiega meglio di che si tratta?

Luca Ciarrocca «Quella per l’Italia, per dirla brevemente, il consenso degli economisti che tratta questo argomento porta ad una risoluzione del debito pubblico con una ristrutturazione dello stesso e, quindi, con un’emissione di titoli che prenderebbero il posto di quelli attuali con diverse scadenze e tassi. Diciamo che le soluzioni dal punto di vista tecnico ci sono, dal punto di vista politico bisogna che ci sia un Governo forte e convinto che abbia l’autorità per imporre questo tipo di soluzioni che non sono facili. Per quanto riguarda l’altra soluzione, ed è quella affrontata negli ultimi due capitoli del libro, il 4° e il 5°, riguarda, in un arco di lungo periodo, le banche che, in quanto tali, ormai sono il vero problema dell’economia capitalistica. Bisogna pertanto agire per riformare il sistema bancario».

UM: A proposito di banche nel libro lei usa il termine “banksters” che significa?

Luca Ciarrocca «E’ un neologismo che viene dalla fusione di banker e gangster, nel mondo finanziario non sono io il primo ad utilizzarlo ma, già nel luglio 2012, l’Economist ha dedicato una copertina ai “banksters”: essi sono i veri responsabili della crisi. Come cittadini dovremmo essere scandalizzati del fatto che un gruppo, un’oligarchia di poche migliaia di persone sia non solo responsabile della crisi, non solo non ha fatto nulla per modificare i meccanismi perversi che hanno portato nel 2008 alla crisi di cui in Italia soffriamo gli effetti ancora oggi nel 2013, ma questi signori con l’aver superato la crisi indenni, addirittura sono più forti, sono più avidi, sono più arroganti di prima. Sembrerà un discorso populista ma non lo è, perchè le banche che sono state salvate a suon di trilioni di euro e di dollari, hanno assorbito questa enorme massa di denaro che, invece, a mio modesto parere avrebbe dovuto essere indirizzata all’economia reale alle famiglie e alle imprese. Quindi c’è una situazione assurda, di cui nessuno è veramente consapevole, in cui l’elite e l’oligarchia delle banche, che poi fa capo alle banche centrali, nel libro spiego cosa sono e cosa fanno le banche centrali, in primo luogo la Federal Reserve americana e la BCE europea, ebbene le banche che hanno creato la crisi, sono state poi salvate, mentre il resto della popolazione, centinaia di milioni di persone, continua a soffrire con alte tasse, crisi dei consumi, alta disoccupazione, calo del mercato immobiliare e con una prospettiva di impoverimento graduale della classe media che, invece, aveva goduto per tanti anni di un certo benessere».

UM: Lavoratori autonomi, professionisti e piccole imprese sono le principali vittime sacrificate sull’altare di questo drammatico mattatoio economico in corso. Cosa può o deve fare la classe media per salvarsi?

Luca Ciarrocca «Purtroppo la classe media in questo momento è messa in un angolo e non ha alcun potere se non quello di votare nel momento in cui ci sono le elezioni. Purtroppo il meccanismo è così deformato che, quelli che vengono chiamati i poteri forti, in realtà l’oligarchia delle banche e dei governi, hanno un potere straordinario. Nel libro io lo definisco, addirittura, una dittatura soft, perché non è una dittatura che mette in prigione, manda in Siberia, nel Gulag come accadeva in Unione Sovietica e in parte come succede tutt’ora in Cina, dove chi sgarra finisce alla pena capitale o finisce in galera, è una dittatura soft in cui la classe media, soprattutto per via della manipolazione dei media e dell’informazione, ha pochissimo potere. Quindi è in balia di decisioni che vengono prese da pochissime persone. E molto amaro riconoscere che questi poteri hanno un immenso leverage, io la definisco Spectre, dai vecchi film di James Bond, in cui la democrazia è in realtà un surrogato di democrazia».

UM: Quali potrebbero essere nei prossimi anni gli “attori” di una una eventuale risalita economica del nostro Paese?

Luca Ciarrocca «Io credo che la questione di fondo sia politica, essenzialmente bisogna che l’Italia in quanto tale, o gli altri nostri partner in Europa facciano capire che il meccanismo così come è stato pensato, non funziona. Quello che ci vorrebbe è una riflessione, un mea culpa, come si diceva un tempo, un “ci siamo sbagliati però vogliamo fare A,B e C”. Il fatto che non avvenga è abbastanza incredibile, non è possibile che l’Europa, in cui tutti in effetti abbiamo creduto, sia ridotta in questo momento a una mera gestione delle crisi, un’emergenza dietro l’altra e poi, lasciatemelo dire, ad una questione banalmente contabile. E’ un peccato che non ci siano più quei valori alti, politici, sociali che sono sempre stati il motore della storia. Faccio un esempio banale, però efficace. Quando in qualsiasi Costituzione, tu analizzi le parole chiave scopri che sono libertà, uguaglianza, giustizia. Tu lasci un messaggio, mandi al popolo, a decine di milioni di persone un’idea di miglioramento, un’idea corale di visione del futuro. L’Europa adesso è, drammaticamente, schiacciata su questioni tristi, contabili, su tassi di interesse, debito, questioni che la gente neanche conosce o capisce. Se provate a fare un sondaggio e chiedete agli italiani cos’è il Fiscal Compact o l’ESM (European Stability Mechanism n.d.r.) che poi sarebbe il Fondo salva-Stati, probabilmente il 99% degli italiani non lo sa».

UM: Concordo, a malapena conosciamo lo “spread” nonostante ce l’abbiano propinato per mesi…

Luca Ciarrocca «Infatti, alla fine è diventato una specie di termine calcistico, per cui tutti erano consapevoli di cosa fosse. Ma, purtroppo, siamo in un Paese in cui, secondo un recente sondaggio, 6 italiani su 10 non sanno che cos’è il tasso di interesse, siamo quindi in una situazione di analfabetismo economico. Ed è drammatico che l’italiano medio sappia tutti gli schemi delle squadre di calcio, gli italiani sono tutti commissari tecnici, conoscono i termini, le regole di gioco, i nomi dei calciatori, le strategie eccetera e, invece, siamo totalmente analfabeti su questioni che ci toccano tutti da vicino. Quando robe come il fiscal compact o il Fondo salva-Stati entrano e vengono fatti passare per gli elementi cardinali, gli assi portanti, l’architrave della costruzione europea e tutto gioca sul salvataggio di Stati indebitati, sui titoli di Stato eccetera, insomma è veramente triste e raccapricciante come questa costruzione europea, che dovrebbe avere un respiro più ampio, si riduca ai quattrini che le banche hanno in tasca».

UM: In Italia si discute animatamente su un’eventuale uscita dall’Euro: sarebbe un auspicio o una tragedia per il nostro Paese?

Luca Ciarrocca «Credo che l’uscita dall’Euro sarebbe una follia, anche se circa il 20% degli italiani la vuole, secondo gli ultimi sondaggi. Ma è una follia. Uno perché tutta l’ultima generazione, penso ai miei nipoti, sono tutti nati con l’euro, quindi non sanno neanche cosa sia la lira; due, non è l’Euro il problema. I problemi sono il debito, la crescita, la corruzione, la disparità di approccio di un paese come la Germania, che è un Paese serio, che fa le sue scelte e le persegue e Paesi come l’Italia, la Spagna o la Grecia, la periferia, il sud dell’Europa che, invece, hanno per storia culturale, per natura e per quello che è successo negli ultimi vent’anni un approccio e una gestione della politica completamente diversa. Quindi uscire dall’Euro è in realtà lo slogan più populistico che possa venire lanciato in questo momento ma non avrebbe nessunissimo effetto positivo, perché non risolverebbe nessuno dei problemi che in questo momento noi abbiamo. Anzi dirò di più e questo l’ho scritto pure nel libro, secondo me sarebbe allora meglio, per assurdo, che uscisse la Germania dall’euro e tornasse al marco e che tutti gli altri Paesi rimanessero nell’area Euro. Questo forse sarebbe, pur essendo una provocazione, uno scenario più praticabile. Se tornassimo alla Lira sarebbe una roba tra il medievale il populistico ed il superficiale, anche se ci sono in questo momento tanti economisti, che hanno anche una certa visibilità, che perseguono questo tipo di politica».

UM: Secondo lei, alle famose soluzioni per uscire dalla crisi ci si arriverà con un processo democratico o sulla spinta di una forte ribellione popolare?

Luca Ciarrocca «Io credo che la ribellione popolare sia assolutamente da mettere in conto, perché siamo di fronte a una serie di fenomeni che corrispondono ad una devastazione del tessuto di un Paese come l’Italia, piuttosto che la Grecia o la Spagna. Non sembra, perché non ci viene raccontato in questi termini, ma gli effetti sono così terribili e così devastanti che soltanto una guerra, in altri tempi, avrebbe potuto provocare lo stesso tipo di terremoto, è davvero epocale. Un fatto come la disoccupazione giovanile al 40%, solamente un numero come questo, in America siamo al 7%, significa che nessuno lavorerà più nella prossima generazione perché non c’è lavoro. Capite che con questi dati tutto il resto, le alchimie politiche, la forma di Governo, le polemiche sulla giustizia, la legge elettorale eccetera, diventano un banale esercizio della politica che parla a se stessa ed è solo autoreferenziale. Se ci fossero dei leader come c’erano in passato, che avevano visione, carattere, personalità, l’ombra lunga di chi si staglia rispetto alla mediocrità quotidiana, non si dovrebbe far altro che parlare di questi temi, cioè della disoccupazione, della mancanza di lavoro, del debito. Nel libro io lo racconto, i numeri sono quelli che si erano visti nella seconda guerra mondiale, siamo di fronte ad una devastazione sociale immensa, per cui a me fa rabbia che un Ministro come Saccomanni, Ministro del Tesoro, ogni giorno dica la crisi è finita, che presto le cose miglioreranno. Io capisco che non si debba essere pessimisti, ma preferirei avere un leader che dica “signori la situazione è questa, questa e questa, dovremo impegnarci per i prossimi due, tre anni”. Ma non con questo finto ottimismo che fa sì che alla popolazione gli si fa credere che il mese prossimo la situazione migliorerà. Ma non è così».

UM: A proposito dei leader che mancano, secondo lei Renzi potrebbe incarnare la figura di questo politico assente?

Luca Ciarrocca «Renzi ha il vantaggio di aver scombussolato ed aver rottamato la vecchia guardia, il fatto che D’Alema sia stato sconfitto è abbastanza clamoroso. La sua squadra poi è formata da 7 donne 5 uomini, l’età media è 35 anni, insomma c’è tutta una serie di fattori positivi che fanno di Renzi un potenziale leader. Però va messo alla prova, bisogna che Renzi sia anche meno televisivo e più operativo. Che smetta di dire tutto e il contrario di tutto, a seconda di quelli che sono i sondaggi piuttosto che gli umori. Io gli dico ok, vediamo cosa sai fare, però con beneficio d’inventario, nel senso che non gli dò l’adesione, come del resto non poteva essere data, visto da destra, a Berlusconi, perché Berlusconi, in teoria, avrebbe potuto essere il Ronald Reagan o la Thatcher vent’anni fa e quindi introdurre quelle riforme tipiche del liberalismo e, comunque, della destra economica democratica pro libero mercato eccetera, invece, non lo ha fatto e ha pensato solo ai suoi interessi. Tornando a Renzi (la sostanza e’ che Renzi non e’ di sinistra e Berlusconi non era di destra) i segnali ci sono, ma una buona dose di scetticismo è d’obbligo, secondo me».

UM: E proprio al Ministro Saccomanni, da lei citato, su quale leva dovrebbe agire da subito, per dare un segnale concreto di cambiamento?

Luca Ciarrocca «Io darei proprio quello che si chiamava un tempo l’esempio. Il ministro Saccomanni è un esempio negativo. Se posso essere provocatore direi che l’Italia ha bisogno di un Papa Francesco così come la Chiesa si è trovata un Papa che è fantastico, perché cattolico o non cattolico che uno sia, si capisce che l’uomo ha un potere di convinzione immenso perché è autentico, trasparente, crede in quel che dice e fa. Nel modo di esplicitare, nel modo di agire, diciamo che l’azione e il pensiero sono coordinati. Quindi di un uomo come Papa Francesco tu ti fidi, sei motivato, lo segui. Mentre con Ratzinger questo non accadeva, perché era un teorico, però non aveva l’umanità e passione sincera che Papa Francesco ha. Per quale motivo l’Italia non trova un leader politico che abbia le caratteristiche di Papa Francesco? Questa è la mia provocazione e la dico da ex cattolico (da molti anni sono un laico), però sono questi personaggi che ti fanno dire “finalmente qualcuno che ti fa ribollire dentro”, ti accende e ti fa pensare che c’è una coerenza fra la visione e l’azione, tra il pensiero e la parola. Ma alla fine è il carattere che conta, allora i politici che noi italiani vediamo e giudichiamo non convincono, vincono le elezioni ma non convincono, si è detto di Renzi ma anche di tutti gli altri politici, Grillo pure potrebbe essere passato alla storia perché, in effetti, ha mandato in parlamento 160 nuovi deputati e senatori ma…»

intervista a cura di Claudio Campagnolo

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