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Crisi banche: quanto costa a risparmiatori e investitori

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ROMA (WSI) – La vera spada di Damocle sul settore bancario italiano e sui clienti che hanno depositati in banche non sicure i risparmi di una vita è rappresentata dall’ammontare insostenibile di crediti deteriorati. Le sofferenze lorde sono pari a oltre 200 miliardi di euro. Ma il conto della crisi del sistema finanziario italiano non si ferma a questo problema irrisolto. Sin qui è molto salato sia per i risparmiatori sia per gli investitori: siamo a 209 miliardi di euro secondo i calcoli del Centro studi ImpresaLavoro.

Il report sottolinea che “3 miliardi e 900 milioni è il controvalore complessivo di titoli azionari e obbligazionari subordinati di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e Carichieti, andati interamente in fumo nel weekend del 21-22 novembre 2015, in seguito ai provvedimenti di risoluzione emanati dal governo e da Bankitalia per salvare la parte buona delle quattro banche dell’Italia centrale da anni in stato di crisi”.

Il computo fornito dal Centro studi ImpresaLavoro è stato realizzato sulla base dei dati contenuti negli ultimi bilanci pubblicati dalle banche cadute in liquidazione, nonché degli ultimi aumenti di capitale e dei dati Reuters sui titoli obbligazionari colpiti. I soci delle quattro banche salvate dal governo facendo ricordo al regime di bail-in, oltre agli obbligazionisti subordinati, si sono visti infatti letteralmente azzerare il valore dei propri investimenti, senza per loro alcuna chance di recupero poiché sulle nuove banche (che hanno raccolto la parte buona dei vecchi istituti) non possiedono alcun diritto, né patrimoniale né di voto. E ora la minaccia di un bail-in pende sulla testa di altri istituti fragili, come Pop Vicenza e Banca Carige.

La minaccia di nuovi bail-in

Tornando alle quattro banche salvate dal governo con i soldi degli obbligazionisti e degli investitori, hanno bruciato circa 3,1 miliardi di valore in capitale azionario (di cui oltre 500 milioni raccolti – quasi tutti da piccoli risparmiatori – solamente tra il 2011 e il 2013), mentre a quasi 800 milioni corrisponde la perdita per le obbligazioni “junior”, ovvero subordinate rispetto alle più comuni ordinarie, anch’esse collocate per gran parte a piccoli risparmiatori.

La Consob ha fatto polemica per la sua autoassoluzione nella vicenda del piano di salvataggio del governo che è costato l’esproprio a 30.000 famiglie italiane. Con un decreto il 22 novembre 2015 il governo ha salvato le quattro banche regionali facendo pagare il conto agli obbligazionisti senior. Intanto 118.000 azionisti hanno visto azzerato il valore delle loro quote in Pop Vicenza, il cui valore è passato da 62,50 euro a 10 centesimi, nell’ultimo (finora) crac assistito della banca.

Gli azionisti di Pop Vicenza e Veneto Banca, in forza del processo di riorganizzazione in atto (aumenti di capitale e IPO) – spiega ImpresaLavoro – hanno subito (o stanno subendo) perdite per 8,2 miliardi di euro nel complesso. I valori sono stati stimati effettuando una simulazione usando come riferimento i valori a cui sono state acquistate dagli investitori e dai risparmiatori le azioni di queste banche e confrontati con gli attuali valori, prossimi allo zero. Va ricordato, infatti, che Pop Vicenza valeva al suo massimo 62,50 euro per azione, mentre Veneto Banca toccò qualche anno fa quota 39,50 euro per azione posseduta.

Per le big il conto si fa molto più grave

Molto più trasparente, ma anche molto più grave, il conto per le più grandi banche italiane quotate in Borsa. Il mercato azionario ha punito i loro investitori sin dai primi inizi della crisi finanziaria, ovvero dal 2007. Secondo i dati di Borsa Italiana elaborati da ImpresaLavoro il settore delle banche italiane risulta aver bruciato – rispetto al 2007 – 197,6 miliardi divisi tra diminuzione del valore di capitalizzazione (148,7 miliardi) e aumenti di capitale effettuati (e bruciati) dal 2008 ad oggi (48,9 miliardi). Le 17 banche quotate capitalizzavano in Borsa nel 2007 circa 230-240 miliardi di euro mentre oggi i valori di capitalizzazione si aggirano attorno agli 85 miliardi.

“Ma la vera spada di Damocle che incombe sulle nostre banche, sostanzialmente comune a tutto il sistema – sottolinea il centro studi -, è ancora quella dell`elevato volume dei crediti deteriorati, problema ad oggi irrisolto, che corrisponde, secondo le recenti stime della European Banking Authority, addirittura a oltre 17 punti del nostro Pil. Nella sostanziale impossibilità di un aiuto pubblico in soccorso dei dissesti bancari, rimarcata dalle nuove regole del bail-in, una cosa è certa: i piccoli risparmiatori dovranno necessariamente aumentare il proprio grado di consapevolezza e ricordarsi che in base alle nuove norme gli unici strumenti davvero tutelati saranno i conti correnti e depositi (e solo entro i 100mila euro per istituto), mentre gli altri titoli bancari come azioni e obbligazioni (ancor di più se non quotati), già oggi possono presentare un grado di rischio più alto di quanto inizialmente prospettato”.