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Corte Conti: tasse locali salite per governi. Serve nuovo welfare

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ROMA (WSI) – “Le misure adottate delineano un contributo alla crescita delle entrate da parte delle amministrazioni territoriali, la cui quota su quelle dell’intera P.A. risulta quasi raddoppiata in vent’anni, dall’11,4% del 1995 al 21,9% del 2014. Ma ciò è stato frutto di scelte operate a livello di governo centrale, piuttosto che espressione dell’autonomia impositiva degli enti decentrati”. E’ quanto risulta dal Rapporto 2015 sulla finanza pubblica della Corte dei Conti, che ha messo in evidenza come le tasse locali siano salite, non per iniziativa delle amministrazioni locali ma per scelte del governo centrale.

“I processi di decentralizzazione e di spostamento degli enti territoriali da un meccanismo di finanza derivata all’autonomia finanziaria devono ancora trovare la loro piena realizzazione”. In ogni caso le tasse locali “in Italia continuano a costituire, oggi come al principio del processo di riforma, circa il 20% delle entrate pubbliche totali (al netto del settore previdenziale e assistenziale)”.

E “come nel 2001, ancora nel 2012, le autonomie locali in Italia incassavano meno di 50 centesimi per ogni euro speso. È vero che il rapporto è lievemente aumentato fra inizio e fine periodo, ma con oscillazioni che non lasciano emergere una chiara linea di tendenza”.

Il blocco dei contratti dei dipendenti pubblici e la conseguente flessione del numero dei dipendenti “hanno determinato, nel quadriennio 2011-2014 effetti finanziari superiori alle attese, con una diminuzione complessiva della spesa di personale di circa il 5% (8,7 miliardi in valore assoluto), cui si aggiunge la minor spesa per i mancari rinnovi contrattuali”.

La Corte dei conti invita comunue a non sottovalutare le difficoltà di piena attuazione della spending review: “Un ambiente macroeconomico espansivo sarà necessario per sostenere le scelte di allentamento della pressione fiscale. Non possono, infatti, sottovalutarsi, le difficoltà di realizzare pienamente il programma di spending review, a motivo degli ampi risparmi già conseguiti per le componenti più flessibili e per il permanere di un elevato grado di rigidità nella dinamica delle prestazioni sociali”.

Serve inoltre un nuovo welfare: “Un duraturo controllo sulle dinamiche di spesa può ormai difficilmente prescindere da una riscrittura del patto sociale che lega i cittadini all’azione di governo e che abbia al proprio centro una riorganizzazione dei servizi di welfare”. E’ “prioritaria la necessità di restituire capacità di spesa a famiglie e imprese”.

“Come indicato anche nel Def – ricorda la magistratura – le condizioni di sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica richiedono uno scenario macroeconomico ambizioso, con saggi di crescita del Pil e della produttività dell’1,5% annuo e una discesa della disoccupazione al 7%”.

“Si tratta di uno scenario non conseguibile in assenza di interventi profondi, capaci di rialzare le dinamiche della produttività totale dei fattori. E’ in questo ambito che torna centrale la discussione sul programma di riforme strutturali”.